Si chiamava Saly, aveva cinque anni. Nello scatto vincitore del World press photo 2024, il concorso di fotogiornalismo più importante al mondo, non si vede un centimetro del suo corpo senza vita. E non si vede nemmeno il volto della zia, Ines Abu Maamar, che lo stringe forte a sé. Mohammad Salem, fotografo dell’agenzia Reuters,
Il valore dell’originalità
Il valore più grande da perseguire è quello di riuscire ad esprimere la propria originalità e riuscire a dare il proprio apporto al mondo.
Se partiamo dal presupposto che ciascuno viene al mondo portando
se stesso, per esprimere un qualcosa che prima non c’era, ogni
nuovo bambino che nasce porta, o dovrebbe portare, un qualcosa di
nuovo. A questo proposito Martin Buber,
ne Il Cammino dell’uomo (edizioni Qiqajon)al capitolo “Il
cammino particolare”, afferma:
“Con ogni uomo viene al mondo qualcosa di nuovo che non è
mai esistito, qualcosa di primo ed
unico (…) ciascuno (…) ha l’obbligo di riconoscere
e considerare che lui è unico al mondo nel suo genere e che
al mondo non è mai esistito nessun uomo identico a lui. Se
infatti fosse già esistito al mondo un uomo identico a lui,
egli non avrebbe motivo di essere al mondo! Ogni singolo uomo
è cosa nuova nel mondo e deve portare a compimento la
propria natura in questo mondo.”
Qui entriamo nel campo della propria nota distintiva, di quel
bambino che ciascuno di noi è stato. Ma questa nota
particolare, peculiare, unica nel suo genere,
può essere accolta, accettata, valorizzata, rispettata,
oppure no. E se non sarà accettata, valorizzata, rispettata,
con moltissima probabilità, non sarà neanche espressa
nella vita.
Se noi, ad esempio, in un bambino piccolo, o anche in una
persona adulta, interpretiamo in maniera negativa uno slancio, il
piacere che si ha nel fare qualcosa, il soggetto fonderà il
suo sentimento d’identità, non su se stesso, ma su qualcosa
d’altro che gli deriva dall’assimilazione di un comportamento che
non viene da se stesso, ma dagli altri.
Il bambino non vedendo riconosciuta in se stesso, la liceità
di certi atteggiamenti, di certi comportamenti, di certe sue parti
naturali, crescerà come se queste parti di sé non gli
appartenessero, tenderà a reprimerle, sottraendo così
l’apporto che
può dare al mondo in maniera creativa.
La
creatività infatti è strettamente legata
all’originalità. È l’originalità che ci porta
ad essere creativi e non ripetitivi.
L’opposto di originale è “copia”, “fotocopia” è un
qualcosa di ripetitivo, imitato. Il contrario della
creatività è dunque la ripetizione, l’imitazione,
mentre la creatività è qualcosa di nuovo che nasce
spontaneamente, altrimenti c’è il già conosciuto, il
già fatto che viene portato avanti, il ripetere che diventa
rassicurante perché lo conosco e non mi serberà mai
delle sorprese.
Per portare la
mia nota, io devo avere lo strumento adatto. La nota
è un qualcosa che ha a che fare con l’Io profondo. Potremmo
anche dire che ha a che fare con l’anima, col soffio
universale e questo soffio (Spirito) ha bisogno dello
strumento in cui soffiare. Se ciò non avviene, assistiamo a
quel fenomeno davvero triste di persone inanimate, carenti di
anima, personalità stereotipate che seguono i loro copioni
di vita sempre uguali a se stessi.
Questo percorso ci aiuta a comprendere il valore che si
attribuisce, in psicosintesi,
al lavoro sulla personalità, cioè sullo strumento,
affinchè la nota, nella sua unicità,
irripetibilità, possa esprimersi.
Se c’è uno strumento difettoso, si emette una nota stonata.
Da qui l’importanza di prendersi cura di questa personalità
per poterla revisionare, accordare, proprio come uno strumento
musicale.
Immagine: “Tuscan Pesto Fields”, di
Red Sorsdahl Phase
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