Il caporalato e la morte dei 16 braccianti in Puglia

Tornavano dai campi, al termine di una dura e intensa giornata trascorsa a raccogliere pomodori per 2,50 euro l’ora, ma hanno perso la vita in due distinti incidenti stradali: sedici migranti, in maggioranza africani, sono morti sulle strade delle campagne di Foggia, quattro in un incidente sabato e dodici nel grave scontro tra furgoni avvenuto lunedì.

Tornavano dai campi, al termine di una dura e intensa giornata trascorsa a raccogliere pomodori per 2,50 euro l’ora, ma hanno perso la vita in due distinti incidenti stradali: sedici migranti, in maggioranza africani, sono morti sulle strade delle campagne di Foggia, quattro in un incidente sabato e dodici nel grave scontro tra furgoni avvenuto lunedì. La procura ha aperto una indagine sui due incidenti, e ipotizza anche che i lavoratori fossero sottoposti a forme di caporalato. Viaggiavano stipati in piccoli furgoncini, e non avevano con loro documenti. Cosa che rende peraltro molto difficile il riconoscimento dei corpi.

Due tragedie nel giro di 48 ore

Il primo incidente è avvenuto sabato 4 agosto, intorno alle 15:30 su una strada provinciale tra i paesi di Ascoli Satriano e Castelluccio dei Sauri: otto braccianti immigrati viaggiavano nel vano posteriore di un furgone chiuso che si è andato a schiantare contro un tir. Quattro di loro sono morti, altri quattro sono ricoverati in condizioni molto serie, insieme all’autista del Tir.

Lunedì 6 agosto la seconda tragedia: questa volta a perdere la vita sono stati dodici migranti che erano all’interno di un furgone con targa bulgara che si è scontrato contro un altro tir sulla statale 16, nelle campagne di Lesina. Anche loro tornavano da una mattina nei campi, ed erano diretti al ghetto di Rignano, una sorta di accampamento abusivo dove vivono centinaia di extracomunitari, già teatro di manifestazioni di protesta nel 2010. 

Leggi anche: Agricoltura, finalmente una legge contro il caporalato

Viste anche le condizioni in cui viaggiavano le vittime, sulle due vicende è apparsa subito l’ombra del fenomeno del caporalato. Un fenomeno menzionato anche dal premier Giuseppe Conte, che si è recato a Foggia il giorno dopo l’incidente, per commemorare le vittime. “Lavoro e dignità sono due parole indissolubili – ha detto il presidente del consiglio – non ci può essere lavoro senza il rispetto della dignità della persona. E questo deve valere per tutti e sempre, senza distinzioni. Qui a Foggia ieri sono morte dodici persone, che si sommano alle quattro morte sabato scorso. Sedici lavoratori sfruttati e umiliati dalle condizioni di lavoro e di vita a cui erano costretti. Questa non è dignità. Per quanto riguarda il fenomeno del caporalato dobbiamo rafforzare gli strumenti di controllo e prevenzione e introdurre misure di sostegno al lavoro agricolo di qualità”.

Nel 2017 le vittime di sfruttamento sono state 387

Strumenti che già esistono: la legge per il contrasto al caporalato è stata varata nel 2016, e prevede il carcere fino a otto anni per i datori di lavoro colpevoli di sfruttamento dei braccianti e per gli intermediari, confische di mezzi, beni e terreni agricoli, e una tutela delle vittime tramite un fondo anti-tratta e una sorta di albo di certificazione delle imprese virtuose.

Una legge che funziona. Secondo l’ispettorato nazionale del lavoro nel 2017 sono state accertate 387 vittime di sfruttamento in agricoltura, con 360 provvedimenti di sospensione di attività imprenditoriali. Evidentemente non basta, perché secondo l’ultimo rapporto Agromafie e caporalato del maggio 2016, realizzato dall’osservatorio Placido Rizzotto della Flai-Cgil, nel 2016 in Italia erano 100 mila i lavoratori irregolari impiegati nel settore agricolo in condizioni di sfruttamento e grave vulnerabilità.

L’8 agosto, in molti scenderanno in strada a Foggia per una manifestazione di solidarietà e di protesta organizzata da Flai Cgil, Arci, Libera, Terra!, Consulta sull’immigrazione di Foggia e Cerignola, Casa Sankara, Intersos, Amici dei Migranti. “Non c’è pomodoro buono e pulito in agricoltura se non è stato prodotto in maniera etica, giusta, onesta, se non è stato coltivato senza schiavi e caporali”, ha affermato Stefano Ciafani, presidente di Legambiente. “Chi continua a schiavizzare i braccianti, per lo più stranieri, impiegati nelle campagne di raccolta deve essere punito e per farlo è necessario che tutte le istituzioni coinvolte si assumano finalmente la responsabilità di applicare la legge per il contrasto al caporalato”.

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