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Studio dell’università Milano-Bicocca mostra come l’inquinamento atmosferico interferisca con la formazione delle nuvole e sulla quantità di pioggia che può cadere in una determinata zona.
Più l’aria è inquinata e meno piove. È questo il risultato di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’università di Milano-Bicocca e pubblicato su Scientific Reports. La ricerca intitolata “Variability of orographic enhancement of precipitation in the Alpine Region”, ha preso in esame, per la prima volta, i dati pluviometrici – la quantità di pioggia caduta in un dato lasso di tempo – raccolti da oltre 3mila stazioni poste in diverse regioni alpine, calcolando la variazione dei dati nel tempo e mostrando come a metà degli anni ’80 ci sia stato un picco di riduzione delle piogge nelle regioni di pianura. Picco che coincideva con l’alta concentrazione di aerosol in atmosfera.
“Questi risultati forniscono nuove intuizioni per approfondire la nostra comprensione e migliorare le previsioni degli effetti antropici sulle precipitazioni montane, che sono fondamentali per la sicurezza e la gestione delle risorse idriche”, si legge nell’abstract della ricerca.
Il team di ricerca guidato dalla professoressa associata di oceanografia e fisica dell’atmosfera Claudia Pasquero, ha preso in esame due distinti periodi, quello che va dagli anni ’50 agli anno ’80, e quello che porta ai giorni nostri. Nella seconda fase, le maggiori variazioni di precipitazione sono state osservate nelle zone montane. La diminuzione della pioggia al Nord è considerata una possibile conseguenza del riscaldamento globale in atto, mentre la diversa ripartizione tra pianura e montagna, rappresenta una novità. In particolare, il maggior divario tra piogge in quota e a valle è stato registrato negli anni ottanta, proprio quando le polveri derivanti dalle attività antropiche hanno raggiunto il loro picco massimo. “Il pulviscolo svolge un ruolo fondamentale nella formazione delle nuvole e, offuscando il sole, provoca una diminuzione della temperatura al suolo, modificando la dinamica atmosferica”, spiegano dall’università.
“Nella pianificazione e gestione delle risorse idriche le regioni del Nord Italia si dovranno considerare, accanto agli effetti del riscaldamento globale, anche le emissioni locali di inquinanti”, spiega la professoressa Pasquero in una nota dell’università. “Solo in questo modo si potranno preservare le risorse idriche montane, che fino ad oggi hanno garantito il forte sviluppo della società nella Pianura Padana”. Non solo i cambiamenti climatici stanno già influenzando la quantità e la modalità con cui le piogge si verificano nell’arco alpino e nella pianura ad esso legata, ma ora sappiamo che le piogge possono subire effetti negativi anche da parte dell’inquinamento atmosferico, presente in alte concentrazioni proprio in Pianura Padana.
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