In Europa la transizione energetica è vicina, grazie a un mix di eolico e solare, ma infrastrutture e burocrazia rischiano di rallentarla
Edoardo Garrone e la storia di Erg. Passare dal petrolio alle rinnovabili è possibile
Edoardo Garrone è il presidente di Erg, la multinazionale che in 80 anni di storia è passata dalla raffinazione del petrolio alla produzione di energia rinnovabile. Lo abbiamo intervistato.
Perché un’intervista a Edoardo Garrone? La risposta è facile, perché è il presidente di una multinazionale con una consolidata storia industriale che negli anni si è evoluta, cambiando profondamente il suo core business cogliendo i nuovi trend del mercato dell’energia, passando da principale operatore petrolifero a società leader nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Fondata a Genova nel 1938 dalla sua famiglia come società di raffinazione e commercializzazione di prodotti petroliferi, nel corso di quasi ottanta anni di storia industriale nel settore energetico, Erg ha saputo capire i mutamenti del mercato e intraprendere strade differenti, senza comunque mai rinnegare la sua storia. Il risultato è che oggi è il primo produttore di energia eolica italiana e tra i primi otto in Europa ed è in procinto di uscire definitivamente dal mondo petrolifero con la cessione di Totalerg, società di distribuzione carburanti che ha in compartecipazione con la francese Total, per concentrarsi completamente nel settore delle energie rinnovabili.
Ascoltare Edoardo Garrone raccontare la storia della sua azienda, fondata dal nonno omonimo, è come seguire un fiume in piena che con energia traccia il passare del tempo e le evoluzioni del percorso intrapreso. Ascoltarlo è un po’ come fare un viaggio a ritroso nel tempo nel modo dell’energia, nel made in Italy delle famiglie industriali che hanno costruito l’Italia dal dopoguerra fino a pochi anni fa. Ma la famiglia Garrone, invece che vendere le sue industrie a qualche società estera e ritirarsi o lanciarsi in altri mercati, ha deciso di continuare a puntare sull’Italia investendo in attività sostenibili, perché, come si definisce lui stesso, sono degli “industriali delle rinnovabili”.
Cosa vi ha spinto a cambiare il business model di Erg?
Da una quindicina d’anni è in corso una rivoluzione tecnologica nel settore energetico. Il principale driver è stato ed è tuttora il processo di de-carbonizzazione dei consumi energetici, grazie alle politiche per il controllo dei cambiamenti climatici introdotte negli ultimi anni in diverse parti del mondo, a cominciare dall’Europa. Durante questo cambiamento epocale e, soprattutto, repentino, Erg anticipando altri competitors, ha saputo cambiare velocemente ed integrare con successo le tecnologie rinnovabili all’interno del proprio modello di business.
Quanto ha influito l’aspetto ambientale-etico legato all’immagine di azienda green rispetto al fattore economico?
La nostra scelta iniziale non è stata dettata da un fattore di immagine ma di sostanza. Nel 2008, anno in cui iniziammo il percorso di dismissione delle attività oil, l’idea era stata quella di cedere parte delle attività di raffineria per diventare una multienergy company, e cogliere le opportunità offerte dal comparto green. Poi abbiamo preso una decisione più netta: abbandonare progressivamente il settore petrolifero, per concentrarsi esclusivamente sulle fonti rinnovabili nella convinzione che, nel lungo periodo, quella delle fonti rinnovabili si sarebbe rivelata una crescita inarrestabile e irreversibile. E così, gran parte dei proventi derivanti dalle dismissioni delle attività oil sono stati reinvestiti nella produzione di energie rinnovabili. Gli sforzi si sono concentrati in particolare in due ambiti: l’eolico e l’idroelettrico. Oggi che siamo uno dei primi produttori europei indipendenti di energia elettrica da fonti rinnovabili, posso dire che oltre a essere stati capaci di anticipare i tempi, ci inorgoglisce il fatto di svolgere un ruolo da protagonisti fra gli operatori industriali nella costruzione di un mondo rispettoso dell’ambiente e attento alle generazioni future.
Perché continuate ad avere degli asset nel settore petrolifero?
L’unico asset petrolifero che abbiamo, in compartecipazione con Total, è Totalerg società attiva nella distribuzione carburanti attualmente oggetto di una procedura di vendita. Con questa ultima cessione, le cui offerte sono allo stato attuale in corso di valutazione, Erg uscirà definitivamente dal settore oil. Per i prossimi anni Erg conferma la strategia intrapresa di consolidamento del proprio assetto industriale: crescita delle rinnovabili, internazionalizzazione e diversificazione geografica all’interno dell’Unione Europea. Oltre all’Italia i nostri paesi target sono Germania, Francia e Regno Unito, paesi dove le condizioni normative e più in generale il framework di riferimento sono stabili; per pianificare e investire abbiamo bisogno di certezze. Per quanto riguarda il nostro Paese una grande opportunità è rappresentata dal repowering dei vecchi impianti eolici. I primi parchi installati ormai hanno raggiunto i venti anni di operatività e vanno sostituite le macchine, ma serve un iter procedurale snello e adeguati meccanismi di sostegno altrimenti il rischio è quello di disincentivare gli investimenti in questo settore
Quali sono state le difficoltà maggiori in questo processo di trasformazione?
Crederci fino infondo e soprattutto aiutare le persone che lavorano in Erg a crederci, il problema era dovuto al fatto che, culturalmente e professionalmente, venivano da un altro mondo, quello dell’oil. La trasformazione di cui è stata oggetto Erg ha richiesto un cambiamento profondo del modo di operare all’interno dell’azienda. Ci sono volute tre fasi di riorganizzazione per rendere la struttura aziendale come è oggi.
Il cambiamento ha avuto un impatto anche sulla forza lavoro perché le tecnologie verdi sono più semplici e “agili” di quelle tradizionali; questo fa sì che esse richiedano in proporzione meno forza lavoro, ma maggiore flessibilità. Un aspetto che avrebbe potuto rivelarsi problematico a livello sociale ma che abbiamo gestito sia investendo molto sulla formazione e la riconversione delle persone, sia ponendo la massima attenzione alla salvaguardia dei posti di lavoro nella fase di cessione degli asset. Peraltro, grazie all’espandersi del nuovo business, negli ultimi due anni abbiamo ripreso ad assumere e continuiamo ad investire nello sviluppo del capitale umano che è uno dei principi di fondo del nostro modo di “fare impresa” e per il quale nel 2017 ci è stato riconosciuto il premio per il migliore “Career website”.
Quali consigli darebbe ad altre aziende che guardano alla trasformazione del proprio business in ottica green?
Innanzitutto consiglierei di mettere il concetto “sostenibilità” al centro di tutte le attività aziendali. È possibile perseguire obiettivi di sviluppo e benessere, rispettando il pianeta, utilizzando meglio le risorse rinnovabili di cui disponiamo, producendo meno scarti. La via della sostenibilità è ormai una “scelta obbligata” se vogliamo garantire un futuro alle prossime generazioni. Sappiamo bene che non sarà facile raggiungere un obiettivo per i quali è indispensabile uno sforzo comune a livello globale, nessuno escluso. L’Accordo di Parigi ricorda a tutti, istituzioni, cittadini e imprese quanto impegno, tenacia e determinazione siano necessari per affrontare e portare a termine la transizione verso un’economia sostanzialmente de-carbonizzata, in cui le rinnovabili avranno un ruolo sempre più centrale e strategico.
Poi consiglierei di non temere il cambiamento. La nostra storia ci ha insegnato che la chiave del successo è la predisposizione al cambiamento, la capacità di valutare e adattarsi prima degli altri alla mutazione del contesto, mantenendo un approccio consapevole, trasparente e razionale.
Infine suggerirei di non focalizzarsi sulla propria dimensione quanto sull’approccio con cui ci si apre al nuovo. Noi lo abbiamo fatto ad esempio mantenendo il nostro Dna industriale che abbiamo applicato all’eolico gestendo in house la manutenzione degli impianti. A noi oggi piace definirci “industriali delle rinnovabili”.
Avete incontrato resistenze da parte delle comunità territoriali nella realizzazione di impianti eolici sul territorio nazionale?
Erg oggi vende e produce elettricità green e sostenibile, gestendo circa 12 TWh di energia. È il primo operatore eolico italiano con la capacità installata di 1,1 GW (su un totale di quasi 1,8 GW), il nono operatore idroelettrico italiano con il 3 per cento della produzione idroelettrica complessiva nel 2015 e possiede un impianto di cogenerazione a gas naturale ad alta efficienza da 480 MW a Priolo qualificato “cogenerativo ad alto rendimento”. Per raggiungere questi risultati abbiamo disinvestito circa 3,3 miliardi di euro dalle attività petrolifere, reinvestendo quasi 4 miliardi (dal 2008 al 2015) nelle rinnovabili (il 61 per cento nell’eolico e il 25 per cento nell’idroelettrico).
Tutto ciò è stato possibile, oltre che per la capacità e la professionalità delle nostre persone, anche grazie a buoni rapporti che abbiamo sempre saputo instaurare con i territori nei quali abbiamo gli impianti.
Arrivando da una realtà, quella della raffinazione, da sempre sotto osservazione per i suoi potenziali impatti ambientali, storicamente ci siamo sempre caratterizzati per la grande attenzione a ciò che facciamo, a come lo facciamo e alle comunità in cui operiamo. Per noi sostenibilità significa soprattutto un approccio aperto, trasparente e costruttivo con il territorio, un’interazione finalizzata allo sviluppo di progetti comuni e condivisi, capaci di generare valore aggiunto per le comunità dei luoghi dove operiamo.
Come presidente di Erg non posso che essere soddisfatto del percorso fatto fino a qui; ma lo sono ancor di più come cittadino e, soprattutto, come padre. Mi inorgoglisce infatti pensare che tutta l’energia che produciamo, che da sola potrebbe soddisfare il fabbisogno elettrico di oltre 3 milioni di famiglie, sia generata in modo sostenibile e responsabile nei confronti dell’ambiente e quindi delle generazioni future.
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