Dal 2015 i fondi sono aumentati del 136 per cento a livello globale, 25,8 miliardi l’anno. Ma la strada è ancora molto lunga, tra disparità e resistenze.
Dal 2015 gli investimenti per la biodiversità sono raddoppiati a livello globale, passando da 10,9 miliardi l’anno a 25,8 miliardi l’anno.
Ancora lontano però l’obiettivo fissato dalla comunità internazionale di arrivare a 200 miliardi di dollari l’anno entro il 2030.
Lotta alla deforestazione, tutela dei popoli indigeni, interventi mirati per il bacino del Congo tra gli esempi più virtuosi degli ultimi anni.
Nell’ultimo decennio c’è stato un aumento significativo degli investimenti per la biodiversità, ma siamo ancora lontani dagli obiettivi fissati dal Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework, l’accordo del 2022 che comprende obiettivi target da raggiungere entro il 2030 per arrestare e invertire la perdita di biodiversità: gli investimenti per la biodiversità, sia quelli pubblici che quelli privati, devono essere incrementati, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, per colmare le attuali lacune finanziarie che ancora persistono. L’Italia, da parte sua, ha offerto un buon contributo alla questione della protezione della biodiversità, ma può e deve migliorare nella mobilitazione di fondi.
The recently released Annual Report of the #KBA Programme showcases the significant progress made in identifying and conserving globally important sites for biodiversity.🦎 🌿
È quanto emerge, in sintesi, dal rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) Biodiversity and Development Finance 2015-2022, che evidenzia l’andamento degli investimenti per la biodiversità, mostrando un aumento significativo dei finanziamenti nel periodo 2015-2022. Non basta però: tra gli obiettivi del Kunming-Montreal global biodiversity framework c’è quello di arrivare a mobilitare almeno 200 miliardi di dollari all’anno entro il 2030, (di cui 20 tramite risorse pubbliche entro il 2025 e 30 entro il 2030) con un focus sui paesi in via di sviluppo, e ancora non ci siamo.
Gli investimenti per la biodiversità a livello globale
A livello globale, il finanziamento per la biodiversità ha registrato un aumento del 136 per cento tra il 2015 e il 2022, passando da 10,9 miliardi di dollari nel 2015 a 25,8 miliardi nel 2022. Questo aumento è stato principalmente trainato dai paesi membri del Development assistance committee (Dac, sostanzialmente un sottoinsieme dell’Ocse a cui aderiscono 32 Paesi, Italia compresa, per promuovere la cooperazione allo sviluppo) e da istituzioni multilaterali, che hanno contribuito per il 67 per cento e il 33 per cento rispettivamente.
Development Assistance Committee (DAC) members hit a new record on development finance for biodiversity in 2022.
DAC biodiversity-specific finance increased from USD 6.6 billion to USD 7.1 billion between 2015-22, marking an 8% increase.
Tra i paesi che hanno fatto maggiori progressi si distinguono Germania, Francia, e Stati Uniti, che insieme rappresentano il 73 per cento degli investimenti totali dei paesi Dac Al contrario, i paesi in via di sviluppo, come Colombia, India e Indonesia, sono tra i principali beneficiari di questi finanziamenti, grazie alla loro ricca biodiversità e alla presenza di hotspot biologici. A livello continentale, il 39 del finanziamento per la biodiversità si è concentrato in Africa, seguita dall’Asia con il 27 per cento. Tra gli esempi di investimenti per la biodiversità più ambiziosi ricordati nel rapporto, ci sono:
il Global forest finance pledge: Un’iniziativa lanciata nel 2021 durante la COP26, in cui 12 donatori pubblici hanno promesso di sostenere i paesi nella lotta alla deforestazione. Nei primi due anni, sono stati destinati 5,7 miliardi di dollari, il 47 per cento dell’obiettivo di 12 miliardi di dollari, per programmi forestali nei paesi in via di sviluppo.
Il Forest tenure pledge: Questo impegno, supportato da 22 finanziatori, ha destinato 1,7 miliardi di dollari per sostenere i diritti di proprietà forestale delle popolazioni indigene e delle comunità locali nei paesi tropicali.
Il Congo Basin Pledge: 12 finanziatori hanno promesso 1,5 miliardi di dollari per proteggere e gestire in modo sostenibile le foreste e le torbiere della regione del Bacino del Congo. Fino al 2022, il 70 per cento di questi fondi è stato erogato.
The River Congo – Africa’s Sleeping Giant
It is Africa’s largest body of fresh water, and the world’s greatest reserve of untapped hydro-power
The Congo basin accounts for 13 percent of global hydro-power potential, equivalent to 100,000 MW. pic.twitter.com/m3P99jniAk
Quandi fondi arrivano davvero per la biodiversità?
Tuttavia, avvisa il rapporto, la distribuzione dei fondi non è sempre equa, con molti paesi a basso reddito che ricevono meno del necessario per affrontare la crisi della biodiversità. E si registra anche una scarsità di fondi destinati esclusivamente alla biodiversità: erano 0,1 miliardi di dollari nel 2015, sono passati a 1,1 miliardi di dollari nel 2021 e 2,1 miliardi di dollari nel 2022, ma nonostante il trend in crescita, solo il 23 per cento dell’obiettivo di 20 miliardi di dollari annuali entro il 2025 è stato raggiunto fino ad oggi.
Infatti, sottolinea il rapporto, molti dei finanziamenti ricevuti dai paesi in via di sviluppo sono destinati a progetti che integrano obiettivi di biodiversità con altre priorità, come il cambiamento climatico, l’inclusione o la parità di genere. Questo approccio, pur utile, secondo il rapporto non garantisce che vengano affrontate in modo adeguato le specifiche esigenze della biodiversità: è possibile, ad esempio, che nei fondi destinati a un progetto per l’inclusione sociale in una determinata area ci siano benefici anche per la biodiversità, ma magari solo in minima parte e in maniera tangenziale. Inoltre, la mobilitazione di fondi privati rimane limitata, rappresentando solo una piccola parte del totale. Servono, quindi, progetti che si concentrino esclusivamente sulla biodiversità.
Il caso italiano
L’Italia ha contribuito in maniera significativa al finanziamento della biodiversità, pur restando un attore secondario rispetto a paesi come Germania e Francia. Nel periodo 2015-2022, il nostro Paese ha fornito circa il 10 per cento del totale degli investimenti per la biodiversità tra i membri del Dac. Gran parte di questi fondi sono stati indirizzati a paesi in via di sviluppo e a progetti che mirano a conservare gli ecosistemi marini e terrestri.
Il MASE adotta la Strategia nazionale per la Biodiversità al 2030, uno strumento per salvaguardare la #biodiversità terrestre e marina del nostro Paese.
Tuttavia, come molti altri paesi, l’Italia ha ancora ampi margini di miglioramento nella mobilitazione di risorse private e nell’integrazione della biodiversità in settori strategici come l’agricoltura e l’energia. A gennaio 2024, tra l’altro, il governo ha adottato la nuova Strategia nazionale per la biodiversità al 2030 che dovrebbe aiutare, nel frattempo, a salvaguardare anche il patrimonio naturale italiano.
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