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Consiglio e Parlamento europei si sono accordati sulla proposta della Commissione Ue per la deregolamentazione dei nuovi ogm, ma le organizzazioni contadine, dell’agricoltura bio e ambientaliste chiedono di fermarla.
Lo scorso 3 dicembre, il Parlamento e il Consiglio europei hanno raggiunto un accordo sulla proposta della Commissione sulle nuove tecniche genomiche (Ngt), definite anche Tecniche di evoluzione assistita (Tea), i cosiddetti nuovi ogm.
La differenza tra queste nuove tecniche sviluppate a partire dal 2000 e gli ogm degli anni ‘70 è che, mentre gli ogm prevedono l’inserzione nel genoma di un organismo delle sequenze di geni di altre specie – dunque del dna estraneo – , le Ngt intervengono sul genoma di un organismo con geni provenienti da organismi della stessa specie: il risultato dunque non è una transgenesi come nel caso degli ogm, ma una mutagenesi, una mutazione.
Secondo la normativa attuale, i nuovi ogm sono sottoposti alle stesse regole di etichettatura, tracciabilità e valutazione del rischio degli ogm. Ora, invece, si propone una deregolamentazione per esentare le colture Ngt (ad eccezione dei semi e del materiale riproduttivo vegetale) da questi obblighi. A essere esentate sarebbero le Ngt 1, ovvero prodotti di laboratorio ottenuti attraverso tecniche di editing genetico di precisione che agiscono come forbici molecolari per modificare specifici tratti del DNA già presenti nella pianta; le Ngt2, i prodotti che differiscono dalla pianta madre per più di 20 modifiche genetiche e che hanno effetti insetticidi noti e tolleranza agli erbicidi, continueranno a essere soggette alla normativa. Verrà inoltre elaborato un codice di condotta Ue sui brevetti.
Le norme si applicheranno sia alle piante originarie dell’Ue che a quelle importate, mentre le Ngt saranno vietate in agricoltura biologica: la presenza tecnicamente inevitabile di piante Ngt 1 non costituirà una non conformità per i prodotti biologici. Gli Stati membri potranno decidere se limitare o vietare le Ngt2.
L’obiettivo dichiarato delle nuove norme è rendere il sistema alimentare più sostenibile e resiliente sviluppando e rendendo accessibili varietà vegetali migliorate, resistenti al clima e ai parassiti, che offrano rese più elevate o richiedano meno fertilizzanti e pesticidi. Ci sono diversi prodotti Ngt disponibili sul mercato al di fuori dell’Ue, ad esempio varietà di mais, grano e riso che richiedono meno acqua, e banane e funghi che non anneriscono.
“Questo è un giorno storico. L’Ue sta compiendo il primo passo per dare agli agricoltori l’accesso a una nuova tecnologia, vincitrice del premio Nobel. Una tecnologia che permetterà loro di coltivare colture in grado di resistere ai cambiamenti climatici e di ottenere rese maggiori su una superficie inferiore – ha dichiarato la relatrice Jessica Polfjärd (PPE, SE) -. Questo è fondamentale per rafforzare la nostra sicurezza alimentare. L’accordo odierno rappresenta una svolta che rafforza non solo la competitività dei nostri agricoltori, ma anche la posizione dell’Europa nella ricerca e nell’innovazione”.
Organizzazioni contadine, dell’agricoltura biologica, della società civile in tutta Europa fanno appello, invece, affinché la deregolamentazione venga fermata. Secondo il parere di Slow Food Italia, Navdanya International, Federbio, Aiab, Lipu, Greenpeace Italia, Legambiente e altri che si sono espressi in una nota congiunta, la liberalizzazione delle Ngt aprirebbe di fatto la strada alla diffusione senza tracciabilità né responsabilità. L’agricoltura biologica e quella libera da ogm sarebbe esposta a una contaminazione inevitabile con una potenziale perdita della biodiversità agraria del paese. Inoltre, i consumatori non avrebbero informazioni in etichetta sulle quale basare consapevolmente le proprie scelte di acquisto, per la propria salute e per quella dell’ambiente.
“In Italia la ricerca sta andando avanti velocemente e sono state sdoganate le prove in campo – ha spiegato Francesco Sottile, professore associato dell’Università di Palermo e vice presidente di Slow Food Italia -. Ci si aspetta che non passerà molto tempo per vedere coltivazioni di nuovi ogm. Nessuno può preventivarne gli effetti, ma certamente i nuovi ogm sono studiati per le monoculture intensive e per gli interessi dell’agroindustria. Pensare di risolvere la crisi climatica e gli attacchi parassitari con i nuovi ogm è come nascondere la polvere sotto lo zerbino. Basta vedere cos’è successo con gli ogm resistenti al glifosato: il risultato è che gli agricoltori invece di diminuire le quantità di erbicida hanno dovuto aumentarle. La soluzione è agire, invece, da un punto di vista agroecologico”.
Navdanya International pubblica Semi di Resistenza, rapporto che documenta l’espansione dei vecchi e nuovi ogm e la deregolamentazione dei sistemi di biosicurezza in tutti i continenti. Il rapporto mostra come il pacchetto ogm–gene editing si stia espandendo rapidamente: in Sudafrica oltre 3 milioni di ettari sono coltivati a ogm, mentre in Colombia le superfici transgeniche hanno superato i 100mila ettari. In Bangladesh la melanzana Bt è coltivata da oltre 65mila agricoltori. Allo stesso tempo, più del 95 per cento delle sementi utilizzate nel mondo continua a provenire da sistemi locali tradizionali, confermando che la sovranità alimentare si regge soprattutto sui semi custoditi dalle comunità.
Lo studio mette in evidenza come l’aumento delle coltivazioni ogm e da gene editing si accompagni alla concentrazione del controllo su sementi e tratti genetici, mentre la maggior parte delle sementi nel mondo continua a provenire da sistemi locali tradizionali. Studi indipendenti segnalano mutazioni indesiderate, instabilità genetica, contaminazione e perdita di biodiversità legate a tecnologie come CRISPR-Cas e gene drive, in assenza di un reale consenso scientifico sulla sicurezza di ogm e Ngt.
La deregolamentazione apre una nuova ondata di brevetti su sementi e tratti genetici, rafforzando il potere di colossi industriali e rendendo più difficile per piccoli agricoltori e selezionatori indipendenti accedere e migliorare le sementi. “Non c’è nulla di naturale negli ogm di nuova generazione: cambiano le tecniche, ma resta la stessa logica di privatizzazione dei semi e di concentrazione del potere nelle mani di poche multinazionali”, afferma Ruchi Shroff, direttrice di Navdanya International, ricordando che la deregolamentazione trasferisce rischi e costi su agricoltori e cittadini.
Nel suo contributo al rapporto, il genetista agrario Salvatore Ceccarelli, membro del Consiglio Direttivo di Navdanya International, definisce ogm e Ngt “soluzioni evolutivamente perdenti”, perché puntano sull’uniformità genetica, mentre l’ecologia e la medicina mostrano che è la diversità a garantire produttività, resilienza climatica e salute. “L’agrobiodiversità offre agli agricoltori strumenti durevoli per affrontare cambiamento climatico e parassiti senza dipendere da tecnologie brevettate”.
Il voto sull’accordo informale deve ora essere approvato dal Parlamento e dal Consiglio in seconda lettura. Se fosse confermato, entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Ue e si applicherà due anni dopo.
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