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Il 2 giugno si celebra la Giornata mondiale delle torbiere. Un’occasione per parlare di questi ecosistemi poco conosciuti e silenziosi, ma fondamentali per il clima, l’acqua, la biodiversità e la memoria del nostro Pianeta.
Le torbiere, soprattutto alle nostre latitudini, non hanno la vastità e la “fama” delle praterie alpine o dei ghiacciai, ma non per questo sono meno importanti. Incredibilmente, stoccano più anidride carbonica di tutte le foreste del mondo, nonostante ricoprano solo il 3 per cento circa della superficie terrestre. Ma se danneggiate, possono velocemente diventare emettitrici di gas a effetto serra.
Appaiono spesso come tappeti di muschi soffici e colorati, abitati da batuffoli bianchi detti pennacchi, orchidee e piante carnivore, come la Drosera. Le torbiere (in inglese, peatlands) sono ecosistemi umidi con un suolo ricco di acqua e con scarsa ossigenazione. In queste condizioni, i microrganismi decompositori sono molto limitati e di conseguenza i resti di piante e animali si decompongono lentamente. Nel corso di secoli e millenni, queste condizioni portano ad un accumulo di torba: un suolo ricchissimo di carbonio che funge da serbatoio naturale di CO2.
Quando si pensa alle torbiere, normalmente la mente corre alle grandi distese della Scozia, dell’Irlanda, della Siberia. Ma anche l’Italia ne custodisce molte, soprattutto sulle Alpi e sugli Appennini settentrionali, che sono tra le aree più meridionali d’Europa dove questi ecosistemi riescono a sopravvivere. Qui le torbiere sono particolarmente rare, frammentate e fragili perché hanno bisogno di condizioni climatiche ben precise: un ambiente freddo e umido per potersi formare e mantenere. Le torbiere alpine sono anche scrigni di biodiversità dal valore ecologico straordinario. Fungono infatti da rifugi glaciali, dove trovano casa specie rare e specializzate che, dopo le glaciazioni, sono sopravvissute solo qui in angoli freschi e umidi.
Questi ecosistemi sono anche vere e proprie riserve naturali d’acqua: riescono a trattenere rapidamente la pioggia e a rilasciarla poco a poco, contribuendo così a ridurre il rischio di alluvioni e siccità.
Le torbiere non sono solo serbatoi di acqua e anidride carbonica, ma sono anche archivi naturali della storia del Pianeta. Grazie alle loro condizioni uniche riescono, infatti, a conservare per millenni i resti di vegetali e animali. Il caso più famoso è quello dell’uomo di Tollund, ritrovato nel 1950 in una torbiera danese: un corpo mummificato naturalmente, rimasto intatto dall’Età del ferro, attorno al 400 a.C.
Le torbiere ci forniscono, quindi, servizi ecosistemici spesso sconosciuti, ma vitali:
Anche per questo, molti degli habitat di torbiera sono inseriti nell’Allegato I della direttiva habitat e sono, dunque, protetti a livello europeo.
Da alcuni decenni le torbiere stanno andando incontro a un degrado sempre maggiore. Oggi, a livello europeo, sono tra gli habitat più vulnerabili alle pressioni antropiche. In particolare, a causa di attività come l’estrazione di torba, il drenaggio per motivi agricoli e forestali, il sovrappascolo e i cambiamenti climatici.
Questi trend di degrado sono particolarmente evidenti sulle Alpi. Già dal 2006 il professore Luca Bragazza aveva sottolineato come i muschi in torbiera fossero particolarmente sensibili al clima. Uno studio del 2022 condotto dalla professoressa Lisa Brancaleoni ha poi confermato come prolungati periodi di siccità insieme ad elevate temperature estive potranno esercitare un forte impatto sulle torbiere, portando a importanti cambiamenti della vegetazione. Le recenti osservazioni sul campo condotte dall’Università di Torino, in collaborazione con Arpa Piemonte, confermano questo quadro preoccupante: molte torbiere alpine stanno diventando sempre più secche e mostrano una scomparsa o diminuzione di diverse specie tipiche.
Oltre alla perdita stessa degli habitat e delle loro specie, si aggiunge il rischio che le torbiere diventino fonti di emissioni di CO2. Infatti quando degradate, non solo smettono di stoccare anidride carbonica, ma iniziano a emetterla.
Il ripristino di questi ecosistemi può ridurre significativamente gli andamenti negativi e i relativi feedback. Fortunatamente, ci sono molte attività, anche in Italia, che hanno l’obiettivo di conservarli. Ad esempio, ci sono numerosi sforzi scientifici per mappare meglio le torbiere alpine, per permetterne una migliore gestione. In alcune aree protette, come nel caso delle Alpi Marittime, delle Alpi Cozie e del Parco nazionale del Gran Paradiso, sono stati costruiti dei recinti per evitare la pressione del pascolo eccessivo, al fine di preservare i delicati equilibri di questi habitat. A livello istituzionale, inoltre, la Convenzione delle Alpi ha incluso la protezione delle torbiere all’interno del protocollo “Difesa del suolo”, invitando gli Stati a mantenere e ripristinare le zone umide e torbose, in quanto habitat naturali particolarmente sensibili e importanti per la conservazione della biodiversità e per la regolazione delle risorse idriche.
Le torbiere alpine sono alleate silenziose della salute della natura alpina. Senza di loro, i cambiamenti climatici sarebbero ancora più rapidi e la biodiversità più povera. Proteggerle oggi è una priorità, se vogliamo custodire i gioielli preziosi del nostro patrimonio naturale e i servizi che ci forniscono.
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