In occasione della Giornata mondiale delle api il Wwf pubblica un rapporto che lancia l’allarme sulla situazione degli insetti impollinatori nel mondo.
Se vogliamo salvare il nostro cibo, dobbiamo salvare le api. Da decenni la comunità scientifica sottolinea la necessità di introdurre iniziative per difendere gli insetti impollinatori, il cui declino è apparso negli ultimi decenni inquietante e inarrestabile. Questi animali rivestono un ruolo cruciale per l’equilibrio degli ecosistemi, dal momento che circa quattromila varietà di frutta e verdura non potrebbero esistere senza l’impollinazione. Di conseguenza, è stato calcolato che il 75 per cento della produzione mondiale di cibo dipende da loro. Parliamo di zucche, zucchine, mele, mandorle, pomodori, fragole o cacao, solo per fare qualche esempio. In altre parole, se le api scomparissero, sarebbe l’intero equilibrio della Terra ad essere stravolto.
Il 40 per cento degli impollinatori invertebrati rischia l’estinzione
Non si tratta, dunque, di una battaglia “ecologista”, bensì di un obiettivo che dovrebbe essere comune a tutti i governi, di tutti i paesi e di tutti gli schieramenti politici. In occasione della Giornata mondiale delle api, che si celebra a livello mondiale ogni 20 maggio, il Wwf ha pubblicato un rapporto che fotografa la situazione attuale.
Each year on 20 May, @FAO marks #WorldBeeDay to spotlight the vital role of bees and pollinators in sustaining people and the planet. Protecting them is key to securing food production, plant health, and ecosystem restoration. More on the Day: https://t.co/tXvPzRlrajpic.twitter.com/s4r5DGrxlJ
— FAO Eastern Africa (@FAOEastAfrica) May 19, 2025
Le constatazioni contenute nel documento sono estremamente preoccupanti: “Oltre il 40 per cento degli impollinatori invertebrati rischia l’estinzione a livello globale, mentre in Europa, quasi la metà degli insetti impollinatori è in declino e un terzo è minacciato di estinzione”, si legge nel report, intitolato in modo eloquente “Il futuro in un volo d’ape: perché salvare gli impollinatori significa salvare noi stessi”. Nel quale si punta il dito contro le attività umane responsabili di questa crisi ambientale silenziosa e drammatica, a partire dalle pratiche agricole insostenibili, dall’uso di pesticidi chimici e dagli impatti dei cambiamenti climatici.
L’enorme valore economico del lavoro delle api
Un problema di “servizi ecosistemici” e, di conseguenza, anche economico: “Come riporta il dossier, il valore economico dell’impollinazione è molto più elevato di quello derivante dai prodotti diretti dell’apicoltura(come miele, polline, propoli, ecc.). Valutando una sola colonia di api, si stima una produzione di oltre mille euro in frutti e bacche impollinate, contro i 240 euro ricavati dai prodotti dell’alveare”. A ciò si aggiunge il valore che ricaviamo dal servizio delle api, “quasi inestimabile, della salute e benessere delle persone”.
Il Wwf cita in questo senso uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Environmental Health Perspectives, secondo il quale la drastica riduzione degli impollinazione sta già contribuendo a circa 500mila morti premature all’anno, a causa della diminuzione di frutta, verdura e frutta secca nella dieta, che può aumentare l’incidenza di malattie croniche come diabete, tumori e patologie cardiovascolari.
Le possibili soluzioni per proteggere le api
Per questo “è indispensabile un cambio di rotta decisivo che, in primis, deve essere definito dalle nostre istituzioni: vietare le sostanze chimiche più dannose, aumentare le superfici agricole dedicate alla conservazione della natura, sostenere l’agricoltura biologica e promuovere l’agroecologia”, sottolinea Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del Wwf Italia.
Il rapporto propone d’altra parte una serie di soluzioni possibili: dalle scelte di consumo più consapevoli, alla riduzione dell’uso di pesticidi nei giardini privati, dal sostegno all’apicoltura locale a quello all’agricoltura biologica.
C’è chi però fa perfino retromarcia sulla protezione degli impollinatori
Molti governi, però, hanno dimostrato di non voler agire in modo sufficiente. E perfino quelli che qualche piccolo passo avanti lo avevano fatto, sembrano voler tornare indietro. In Francia, ad esempio, si sta lavorando alla riabilitazione dell’acetamiprid, un pesticida neonicotinoide che era stato messo al bando nel 2020 proprio per i rischi che il suo uso fa ricadere sugli insetti impollinatori. Il 14 maggio la commissione Affari economici dell’Assemblea nazionale ha approvato una norma che intende indebolire (e in alcuni casi abrogare) numerose misure di protezione ambientale che si applicano al settore agricolo. E se qualcuno potrebbe obiettare che a parlare è una commissione economica, è bene ricordare che pochi giorni prima anche la commissione Sviluppo sostenibile aveva fornito un parere analogo.
Oltre all’acetamiprid, la deroga riguarda anche altre due molecole apparentate (che presentano lo stesso metodo d’azione neurotossico): il sulfoxaflor e il flupyradifurone. Secondo il perimetro immaginato dai deputati, a poter tornare a utilizzare tali pesticidi pericolosi per le api potrebbero essere numerose produzioni, come quelle di barbabietole (400mila ettari coltivati in Francia), nocciole (ottomila ettari) o ancora kiwi (tremila ettari). Il tutto in nome della necessità di “sostenere il settore agricolo”. Come se non ci fossero altre soluzioni: dall’agroecologia alle sovvenzioni pubbliche (perché se si possono trovare 800 miliardi di euro con uno schiocco di dita per aumentare le spese militari, forse c’è margine anche per aiutare gli agricoltori in difficoltà).
Il 2 giugno si celebra la Giornata mondiale delle torbiere. Un’occasione per parlare di questi ecosistemi poco conosciuti e silenziosi, ma fondamentali per il clima, l’acqua, la biodiversità e la memoria del nostro Pianeta.
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