Cambiamenti climatici e perdita di biodiversità: la doppia minaccia alle importazioni alimentari dell’Unione europea

Uno studio su sei cibi importati sottolinea la necessità di risposte da parte della Ue a un’emergenza reale e sempre più preoccupante per la sicurezza alimentare.

  • Un rapporto ha analizzato i rischi climatici e di biodiversità a cui sono esposte sei principali importazioni alimentari nell’Unione europea.
  • I risultati mostrano minacce reali alla sicurezza alimentare, alla disponibilità e all’acceso economico al cibo, oltre che ad aziende e posti di lavoro.
  • Per i ricercatori l’Unione europea deve intervenire aumentando la resilienza dei Paesi partner e dei piccoli agricoltori.

Grano, mais, riso, ma anche cacao, caffè e soia: la sicurezza delle principali importazioni alimentari dell’Unione europea è sempre più minacciata da fattori ambientali. A dirlo è un rapporto della società di consulenza Foresight Transitions, commissionato dalla Fondazione europea per il clima, che ha esaminato non solo la vulnerabilità climatica delle importazioni alimentari, ma anche i livelli di perdita di biodiversità o di natura subiti dai paesi esportatori interessati, sollevando domande sulla preparazione e sulla risposta della Ue a questo problema.

importazioni alimentari
Un terzo dell’offerta totale di riso dell’Ue è minacciato dal clima © iStock

Il rapporto sulle importazioni alimentari di mais, riso, grano, cacao, caffè e soia

Lo studio ha analizzato sei importazioni alimentari chiave: mais, riso e grano – selezionati come alimenti base per la sicurezza alimentare globale – e cacao, caffè e soia – scelti come materie prime di importazione chiave per la produzione e le esportazioni agroalimentari dell’Ue. Ha utilizzato la classifica di preparazione climatica del Notre Dame Global Adaptation Index, che combina la vulnerabilità di un paese ai danni climatici con l’accesso al supporto finanziario e istituzionale, e un indice di integrità della biodiversità del Museo di storia naturale del Regno Unito, che confronta l’attuale abbondanza di specie selvatiche con i livelli premoderni.

I ricercatori hanno scoperto che oltre la metà delle importazioni dei prodotti proveniva da paesi vulnerabili al clima, con risorse limitate per l’adattamento. Questo è particolarmente evidente nel caso del riso, ad esempio, con oltre un terzo dell’offerta totale dell’Ue, per un valore di 1,5 miliardi di euro all’anno, ora minacciato dai crescenti impatti climatici. Inoltre, tre di questi alimenti– grano, mais e cacao – sono anche a rischio significativo a causa degli impatti legati alla biodiversità che amplificano la minaccia all’approvvigionamento già posta dal clima e aumentano la quantità di produzione minacciate. L’Unione europea dipende sempre più dalle importazioni di mais e almeno il 13,4 per cento del mais totale consumato nell’Ue è attualmente a rischio.

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Il livello di preparazione climatica di ciascun Paese è rappresentato su una scala dal minimo (rosso scuro) al massimo (verde scuro). I sei prodotti sono rappresentati da punti, con il colore che indica il prodotto (ad esempio, la soia) e la dimensione che rappresenta la quantità in tonnellate esportata dal Paese in questione verso l’Ue nel 2023 © Foresight Transitions

“Queste non sono solo minacce astratte, ma si stanno già manifestando in modi che incidono negativamente su aziende e posti di lavoro, nonché sulla disponibilità e sul prezzo del cibo per i consumatori. E la situazione non fa che peggiorare – ha detto la ricercatrice Camilla Hyslop –. Solo nel 2024, le inondazioni nel Regno Unito e in Francia hanno ridotto la produzione di grano e le alte temperature nell’Europa orientale hanno interrotto le colture di mais, rendendo le importazioni cruciali per la sicurezza alimentare, mentre le maggiori precipitazioni hanno fatto marcire il cacao nell’Africa occidentale, creando difficoltà per i produttori di cioccolato. Le piogge estreme hanno ridotto le rese di riso in Cina negli ultimi due decenni mostrandoci come può avvenire un calo della produzione nel lungo termine.”

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L’integrità della biodiversità di ciascun Paese è rappresentata da una scala che va dal meno (ocra) al più (verde scuro) climaticamente pronto. I sei prodotti sono rappresentati da punti, con il colore che rappresenta il prodotto (ad esempio, la soia) e la dimensione che rappresenta la quantità totale di prodotto esportata dal Paese in questione verso l’Ue nel 2023 © Foresight Transitions

Hyslop ha aggiunto: “Gli impatti climatici sono aggravati dal declino della biodiversità, che rende le aziende agricole e gli ecosistemi circostanti molto meno resilienti agli shock climatici e di altro tipo. Non solo le aziende agricole con una minore biodiversità sono meno resilienti alle malattie delle colture, ma queste malattie spesso emergono a causa della riduzione della biodiversità”. La ricercatrice ha poi spiegato: “Le rese, inoltre, sono influenzate in modo più ampio dalla distruzione della vegetazione autoctona, che può modificare i microclimi locali, e da pratiche come la monocoltura, che impoveriscono il suolo e danneggiano gli ecosistemi biologici alla base della produzione alimentare”.

Cioccolato, l’industria più a rischio

È l’industria del cioccolato dell’Ue – con un valore stimato di 50 miliardi di dollari – ad affrontare la minaccia maggiore, con il 97 per cento del suo input principale di cacao proveniente da paesi con un punteggio climatico basso-medio o inferiore, mentre il 77 per cento proviene da paesi con un punteggio di biodiversità medio o inferiore. 

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La percentuale della quantità di cacao importato nell’Unione europea per categoria di preparazione climatica del paese esportatore © Foresight Transitions

Le importazioni europee di cacao si concentrano in pochi paesi dell’Africa occidentale – Costa d’Avorio, Ghana, Camerun, Nigeria – che stanno subendo impatti sul clima e sulla biodiversità con previsioni di peggioramento entro il 2030 e nei decenni successivi. Il valore delle importazioni dell’ultimo anno è aumentato del 41 per cento. 

I ricercatori: “Serve investire nella resilienza climatica dei paesi partner”

“Da questo contesto emerge chiaramente che le importazioni sono parte integrante della sicurezza alimentare dell’Ue e che la nostra ricerca, a sua volta, dimostra che questa sicurezza alimentare è sempre più minacciata dalle vulnerabilità dei paesi partner in termini di clima e biodiversità”, ha affermato Mark Workman, direttore di Foresight Transitions e coautore del rapporto. “Il reshoring (la rilocalizzazione delle produzioni, ndr) è una risposta del tutto insufficiente. Non solo l’Unione europea farebbe fatica a coltivare alcune di queste materie prime in grandi quantità, ma si trova anche ad affrontare minacce climatiche e di biodiversità, per non parlare delle spiacevoli implicazioni sull’uso del suolo di un significativo reshoring della produzione alimentare.”

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La Costa d’Avorio è il principale produttore di cacao al mondo © Issouf Sanogo/Afp via Getty Images

Per i ricercatori è nell’interesse dei responsabili politici europei investire seriamente nella resilienza climatica dei produttori partner, nonché nelle infrastrutture commerciali estere, come i porti, che supportano questo commercio e sono anche soggetti a stress ambientali. “È un messaggio importante da trasmettere in un momento in cui i bilanci degli aiuti esteri vengono spesso contrapposti agli investimenti in difesa e sicurezza, ma la verità è che sono due facce della stessa medaglia”, ha concluso Workman.

Il rapporto presenta una serie di raccomandazioni politiche per contribuire a garantire le importazioni alimentari della Ue, come misure a sostegno dei piccoli agricoltori che coltivano la maggior parte delle colture al centro dello studio, ma che non ricevono un reddito sufficiente per adattarsi ai cambiamenti climatici e a cui sono destinati appena lo 0,3 per cento dei finanziamenti internazionali per il clima.

 

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