In Italia spariscono 21 ettari di suolo al giorno

È stato pubblicato il nuovo rapporto Ispra sul consumo di suolo. Città troppo calde e impermeabili, sempre meno aree agricole e servizi ecosistemici.

  • È uscito il nuovo rapporto di Ispra, che fotografa il consumo di suolo in Italia.
  • Il consumo di suolo è cresciuto del 10% rispetto al 2021.
  • Si tratta, in media, di più di 21 ettari al giorno, il valore più elevato degli ultimi 11 anni, in cui non si erano mai superati i 20 ettari.

Il caldo che abbiamo vissuto fino a poche settimane fa, con picchi che sono arrivati a 46 gradi centigradi quest’estate, non è causato solamente dai cambiamenti climatici ma anche dall’accelerazione del consumo di suolo.

Nel 2022, questo fenomeno ha raggiunto un’allarmante velocità di 2,4 metri quadrati al secondo, oltre il 10 per cento in più rispetto al 2021 e con ulteriori 77 chilometri quadrati di territorio urbano “inghiottiti” in soli dodici mesi. Si tratta, in media, di più di 21 ettari al giorno, il valore più elevato degli ultimi 11 anni, in cui non si erano mai superati i 20 ettari.

Questo consumo di suolo non solo contribuisce al riscaldamento delle città, ma ha anche impatti significativi sull’esposizione della popolazione al rischio idrogeologico e sulla disponibilità di terre agricole dalle quali traiamo il cibo di cui ci nutriamo.

Tuttavia, c’è ancora spazio per l’ottimismo, con alcune città che stanno dimostrando come sia possibile contenere questa tendenza.

Consumo di suolo: il quadro di Ispra per il 2023

Al consumo di suolo è dedicato l’ultimo rapporto “Il consumo di suolo in Italia 2023”, pubblicato dall’Ispra con cadenza annuale dal 2014, in cui viene messa in luce la gravità della situazione. Questo rapporto fornisce nuove stime basate su dati satellitari ad alta risoluzione e rivela l’entità del fenomeno in tutti i comuni italiani.

Il consumo di suolo viene definito come l’espansione delle aree urbane a discapito di spazi naturali e agricoli e rappresenta un problema serio in Italia, da diverso tempo. Prima di tutto, il cemento è legato al riscaldamento dei centri urbani, poiché la temperatura cresce all’aumentare della densità delle coperture artificiali: in media, la differenza di temperatura del suolo nelle aree urbane di pianura rispetto al resto del territorio è di 4 gradi d’estate con massime di 6 gradi a Firenze e di oltre 8 gradi a Milano.

Un altro effetto collaterale – e irrimediabile – del cemento è la crescita di impermeabilizzazione dei terreni, con aumento significativo di rischio idrogeologico. Sono oltre 900 in un solo anno gli ettari di territorio nazionale reso impermeabile nelle aree a pericolosità idraulica media: si tratta del 13 per cento del consumo di suolo nazionale. Ciò provoca la costante diminuzione della disponibilità di aree agricole eliminando in 12 mesi altri 4.500 ettari, il 63 per cento del consumo di suolo nazionale.

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Consumo di suolo netto a livello regionale. Incremento percentuale (punti in nero) e in ettari (barre in verde) tra il 2021 e il 2022. In rosso la l’incremento percentuale nazionale © Ispra

Non c’è correlazione tra crescita della popolazione e consumo di suolo

Si conferma, anche nel 2022, l’assenza di un legame diretto tra le dinamiche della popolazione e i processi di urbanizzazione. Leggendo il rapporto di Ispra, si assiste a una crescita delle superfici artificiali anche in presenza di stabilizzazione, in molti casi di decrescita, della popolazione residente. Anche a causa della flessione demografica, il suolo consumato pro capite aumenta così di 2,46 metro quadro per abitante nell’ultimo anno e di 16,23 dal 2006, passando da circa 348 m 2 /ab del 2006 ai circa 364 m 2 /ab del 2022; aumenta anche il consumo di suolo annuale pro capite che passa da 1,24 a 1,30 m 2 /ab.

Poi il rapporto di Ispra evidenzia altri dati significativi. Al 2022 la copertura artificiale totale si estende per oltre 21.500 chilometri quadrati, il che significa il 7,14 per cento del suolo italiano (7,25 per cento al netto di fiumi e laghi). I cambiamenti dell’ultimo anno si concentrano in alcune aree del paese: nella pianura Padana, nella parte lombarda e veneta e lungo la direttrice della via Emilia, tutta la costa adriatica, in particolare in alcuni tratti del litorale romagnolo, marchigiano e pugliese.

Considerando il consumo di suolo totale dell’ultimo anno, più del 35 per cento (oltre 2.500 ettari) si trova poi in aree a pericolosità sismica alta o molta alta e il 7,5 per cento (quasi 530 ettari) è nelle aree a pericolosità da frana.

Tutto questo ha dei costi nascosti, che Ispra ha conteggiato tra quelli dovuti alla perdita dei servizi ecosistemici: in base ai nuovi dati raccolti, stiamo parlando di 9 miliardi di euro ogni anno a causa della perdita di suolo rilevata tra il 2006 e il 2022.

Ci sono alcuni comuni virtuosi

Ci sono città che, nonostante tutto, stanno affrontando con successo il fenomeno della cementificazione. Tra i comuni virtuosi, tra i comuni grandi con più di 50 mila abitanti c’è Ercolano in Campania, con solo 0,2 ettari consumati in più nel 2022. Tra i comuni medi, Montale in Toscana che addirittura non ha consumato suolo e San Martino Siccomario in Lombardia tra i comuni con meno di 10.000 abitanti (0,2 ettari in meno). Tra i capoluoghi delle città metropolitane risparmiano suolo Genova, Reggio Calabria e Firenze. Ma qui alcune associazioni ambientaliste fanno notare che città come Genova non hanno consumato nuovo suolo, o ne ha consumato poco, perché già molto cementificata.

Inoltre, è importante sottolineare che le attività legate alla logistica e alla grande distribuzione organizzata sono state tra le principali cause di consumo di suolo in Italia, così come le grandi infrastrutture – per lo più piazzali, parcheggi e altre aree pavimentate – con un picco di crescita nel 2022. Questo sottolinea la necessità di riorientare le politiche per promuovere lo sviluppo urbano sostenibile e limitare l’espansione delle infrastrutture e delle costruzioni su suoli agricoli o naturali. Più facile a dirsi che a farsi, certo, ma la strada da percorrere la conosciamo bene.

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