Opinione

L’Italia dichiara guerra alla fauna selvatica

Il governo italiano è in contrasto con l’opinione pubblica ed europea. Humane Society International lancia una petizione per tutelare la fauna selvatica.

Per la tutela della fauna selvatica, il 2023 è partito in salita. Con il cosiddetto emendamento “Far West”, presentato da deputati di Fratelli d’Italia alla Legge di bilancio, approvata in Parlamento lo scorso 29 dicembre, l’Italia ha di fatto dichiarato guerra alla propria fauna selvatica, liberalizzando paradossalmente la caccia di selezione a non meglio specificate specie, ovunque e in qualunque momento – anche nelle aree urbane, in quelle protette e nei periodi di divieto –, ed escludendo qualsiasi valutazione scientifica preventiva. Tra i firmatari dell’emendamento c’è chi ha parlato, a detta sua, di buonsenso. Paradossale. Il medesimo decantato buonsenso con il quale la Commissione bilancio della Camera dei deputati ha approvato questo emendamento e dichiarato invece inammissibile quello per vietare l’importazione ed esportazione dei trofei di caccia ottenuti da specie minacciate o a rischio di estinzione e dunque protette a livello internazionale, presentato dall’On. Brambilla (Gruppo misto) e sostenuto da Humane Society International.

giraffe fauna selvatica
Giraffe dell’Ithala Game Reserve © Hsus

In un solo colpo – quello tanto vantato dai cacciatori, “insostituibili guardiani dell’equilibrio naturale” – la Commissione bilancio ha concesso ai cacciatori italiani un parco giochi venatorio, per potersi divertire in Italia e all’estero, in barba all’articolo nove della Costituzione – “La Repubblica tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni” –, ai trattati internazionali per la tutela della fauna selvatica, alle norme europee in materia e a qualunque impegno e obbiettivo strategico per la salvaguardia della biodiversità. L’intento è palese e, purtroppo, appare palese anche il clientelismo di questa decisione.

La fauna selvatica non è più protetta

Velata come misura per il controllo faunistico in risposta all’“emergenza cinghiali” – da non considerarsi, secondo il testo approvato, come attività venatoria – e per garantire, tra le altre cose, incredibilmente anche l’incolumità pubblica e la sicurezza stradale, la modifica portata dall’emendamento alla Legge n. 157/92 per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio, apre potenzialmente le porte anche all’uccisione di animali appartenenti alle specie protette dalle Direttive habitat e uccelli o situati nei siti protetti della rete Natura 2000. Questo è un motivo di preoccupazione soprattutto per specie autoctone come il lupo e l’orso che non di rado sono bersagliati dai tentativi di ridurne il livello di protezione, che attualmente ne consente l’uccisione solo in circostanze limitate. Da ultimo, l’ordine del giorno presentato dalla Lega che impegna il governo a valutare lo stato di protezione del lupo. Con la modifica introdotta dalla Legge di bilancio, il rischio è quello di nuove scappatoie, a giustificazione di una serie di nuove casistiche in cui viene concesso ai cacciatori di imbracciare le armi contro specie altrimenti protette, come pratica di gestione della fauna selvatica che dovrebbe invece essere supportata da valutazioni scientifiche e piani di gestione non-letali.

caccia della fauna selvatica
Molti trofei di caccia sono di lupi grigi © Don Getty

Inoltre, nonostante godano della massima tutela prevista dalla legislazione europea e internazionale, l’Ue consente l’esportazione dei grandi carnivori come trofei di caccia. Tra il 2014 e il 2018, l’Ue ha infatti esportato 726 trofei di singoli mammiferi protetti dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (Cites). Il quaranta per cento di questi erano orsi bruni e il sei per cento lupi grigi, entrambi rigorosamente protetti dalla Direttiva habitat dell’Ue (92/43/CEE). La caccia al trofeo di specie protette all’interno dell’Ue costituisce un abuso della deroga prevista dalla stessa direttiva; l’uccisione di animali protetti a scopo ricreativo è dunque ingiustificata e contraddice le ambizioni dell’Ue in materia di biodiversità. A ottobre 2022, con una risoluzione sugli obiettivi strategici dell’Ue per la Cop19 della Cites, il Parlamento europeo ha esortato la Commissione e gli Stati membri “ad adottare misure efficaci immediate nel quadro degli impegni delineati nella strategia dell’Ue sulla biodiversità al fine di vietare l’importazione di trofei di caccia derivati da specie elencate nella Cites”.

Il ruolo dell’Italia nella caccia al trofeo

Ma la caccia al trofeo non si limita a poche specie. I cacciatori di trofei dell’Ue uccidono per divertimento molte migliaia di animali selvatici in tutto il mondo, compresi quelli appartenenti alle specie minacciate o in via di estinzione, e l’Italia è una destinazione importante per i trofei. Tra il 2014 e il 2020, il nostro Paese ha importato 437 trofei di caccia provenienti da specie protette a livello internazionale come ippopotami, elefanti, leoni, leopardi, ghepardi e orsi polari. In particolare, l’Italia è stata uno dei cinque Paesi ad aver importato almeno un trofeo di rinoceronte nero, animale in pericolo critico di estinzione. Mentre è in corso la sesta estinzione di massa, l’élite propugnatrice della caccia al trofeo si prodiga per mantenere in vita e promuovere il proprio passatempo crudele, dannoso e coloniale, tra falsi miti, dati scientifici inaffidabili e la falsa narrazione del ruolo insopprimibile del cacciatore occidentale per la conservazione. In tutto ciò, la posizione del pubblico italiano è chiara: secondo recenti sondaggi, il 74 per cento degli intervistati è favorevole a un divieto totale di esportazione e importazione di trofei di animali morti da e per l’Italia e la petizione lanciata da Humane Society International con questa richiesta, ha finora raccolto più di 46mila firme.

caccia fauna selvatica
Tassidermia di quattro leoni alla Sci Convention 2020 © Hsus

Un sentimento condiviso evidentemente anche dall’Ieg Italian exhibition group SpA, la società gestrice della Fiera di Vicenza che fino all’anno scorso organizzava Hit show, la fiera venatoria numero uno in Italia, con 40mila visitatori e centinaia di espositori internazionali ogni anno. A partire dal 2023, questa manifestazione è stata dismessa e in una nota rilasciata a settembre 2022, la società ne ha sottolineato l’incompatibilità con i valori ambientali e con la propria mission. Questo tipo di eventi fieristici sono un’importante vetrina per il settore venatorio di cui fanno parte non solo produttori e commercianti di armi, attrezzatura e abbigliamento, ma anche i cosiddetti “outfitters”, ovvero operatori specializzati in viaggi di caccia, che offrono su listini, che non possono che definirsi macabri, la possibilità di cacciare per diverse migliaia di euro orsi, leoni, elefanti, ippopotami e moltissime altre specie. La dismissione di Hit show è un forte colpo all’industria e un chiaro segnale da parte dell’opinione pubblica e del settore, che l’attuale governo ha deciso di ignorare.

fiera della caccia Jagd und Hund
Fiera della caccia Jagd und Hund a Dortmund © Manon Dene

Segnale che dovrebbe cogliere anche la fiera tedesca “Jagd und Hund”, la più grande in Europa, dedicata a caccia e pesca che si svolge annualmente a Dortmund. La prossima edizione si terrà dal 24 al 29 gennaio e tra gli espositori non mancano quelli di provenienza italiana e molti degli “outfitters” internazionali più noti, le cui offerte sono caratterizzate da viaggi di caccia al grizzly in Canada, al lupo in Montenegro, all’ippopotamo in Zimbabwe, ai leoni, rinoceronti bianchi ed elefanti in Sudafrica. Sui loro siti, macabre “trophy rooms” danno al cliente un’anticipazione del successo garantito. Questa garanzia spesso significa che gli animali vengono abbattuti in zone recintate dalle quali, per loro, non c’è possibilità di fuga.

Il governo contro l’opinione pubblica

Dunque, è uno scenario cupo quello attualmente dipinto dall’Italia per la fauna selvatica. Uno scenario in cui civiltà, scienza ed etica vengono accantonate; in cui la politica del governo è disastrosamente in contrasto con l’opinione pubblica e con Bruxelles; in cui gli impegni e obbiettivi, costituzionali ed europei, per la conservazione e la tutela della biodiversità ricevono l’ennesima pernacchia. Perché a dicembre, mentre a Montreal si svolgeva la quindicesima conferenza delle Nazioni unite sulla Biodiversità (Cop15) e veniva approvato l’Accordo globale per la Biodiversità, impegnando i Paesi ad arrestare ed invertire la perdita di biodiversità entro il 2030, in Italia, Paese che vanta un patrimonio di biodiversità tra i più ricchi del continente europeo, è stato deciso di ridurre la fauna selvatica a merce di scambio ed è difficile credere che non sia stato fatto se non per mantenere il consenso di certe lobby.

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