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Il cineasta americano ha raccontato la storia di J.B. Lenoir nel film-documentario “L’anima di un uomo”. Oggi il musicista avrebbe compiuto 85 anni
Non ne ha fatto certo mistero, Wim Wenders, dell’amore che egli prova per l’arte del bluesman J.B. Lenoir: una gran parte del film-documentario L’anima di un uomo (2003) – secondo capitolo della serie The Blues prodotta da Martin Scorsese – è infatti dedicata alla parabola artistica del musicista afro-americano.Nato il 5 marzo 1929 a Monticello, Mississippi, JB – così lo chiamavano – si trasferisce all’inizio degli anni ’40 a New Orleans, dove collabora con due musicisti blues tra i più influenti e importanti: Elmore James e Sonny Boy Williamson II.
Trasferitosi nel 1949 a Chicago, entra presto a far parte della scena cittadina grazie all’aiuto dell’amico musicista Big Bill Broonzy. In quel periodo, nella grande città dell’Illinois, il blues trova sempre maggiore spazio e consensi, anche grazie alla presenza massiccia della popolazione di colore: pur rispettando la struttura originaria, a Chicago assume una sua connotazione ben precisa, grazie anche alle innovazioni tecnologiche (su tutte, la chitarra elettrica). E’ qui infatti che il blues – un tempo “rurale” – diventa “urbano”.
In questo contesto di grande fermento, JB conosce Muddy Waters e registra, nel 1951, alcuni brani per varie etichette di Chicago, tra cui la Chees Records. Il suo più grande successo commerciale è Mamma Talk To Your Daughter (1954) mentre, negli anni ’60, le sue composizioni sono ispirate alle lotte del movimento per i diritti civili degli afro-americani guidato da Martin Luther King. Alabama Blues ne è un esempio. J.B.Lenoir muore all’età di trentotto anni il 29 aprile 1967, a causa dei postumi di un brutto incidente stradale avvenuto tre settimane prima. Nel 2011 entra nella Blues Hall of Fame, a ulteriore dimostrazione della sua indiscutibile importanza, evidenziata anche nella affascinante pellicola di Wenders.
Roberto Vivaldelli
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