Tagliare subito le emissioni può evitare il 70 per cento dei decessi prematuri dovuti alle temperature estreme. La conferma in uno studio.
- Senza un drastico abbattimento delle emissioni, in Europa si rischiano 2,3 milioni di decessi in più per le temperature estreme entro la fine del secolo.
- È quanto emerge da uno studio pubblicato su Nature Medicine.
- Tra le città più a rischio ci sono quelle dell’area mediterranea, tra cui Roma, Napoli, Milano e Genova.
- Investire nella mitigazione delle emissioni può evitare fino al 70 per cento di queste morti premature.
Abbattere le emissioni di gas serra, e farlo drasticamente e da subito, non dovrebbe essere un tema politico. Perché è innanzitutto una questione di sopravvivenza. Da tempo si moltiplicano gli studi scientifici sull’impatto dei cambiamenti climatici sulla salute umana. L’ultimo in ordine di tempo è stato pubblicato il 27 gennaio 2025 su Nature Medicine e, attraverso una serie di modelli matematici e statistici, prevede il numero di decessi prematuri per le temperature estreme in Europa. Sottolineando come l’Italia sia tra i paesi più a rischio.
2,3 milioni di decessi per le temperature estreme entro la fine del secolo
I ricercatori hanno fatto diverse stime del numero di decessi prematuri riconducibili alle temperature estreme in tutto il continente europeo, basandosi su vari scenari. Se si prende come riferimento lo scenario più pessimista (Ssp3-7.0), cioè quello in cui le divisioni politiche ostacolano gli sforzi per la mitigazione delle emissioni, e se si considera anche la mancanza di misure di adattamento, il bilancio è allarmante.
Ovunque calano le morti per freddo e aumentano quelle per caldo. Il saldo dunque è in negativo per i paesi del nord Europa, ma vede un forte incremento delle morti nei paesi dell’area mediterranea. Nel periodo 2050-2054, per l’Italia si parla di 54,7 decessi in più per le temperature estreme per ogni 100mila persone ogni anno; per la Spagna di 46,4; per Grecia e Cipro circa 33. Il dato peggiore è quello di Malta, con 147,6 per ogni 100mila persone ogni anno.
Le città più a rischio per le temperature estreme
Il numero più elevato di decessi legati alle temperature estreme entro la fine del secolo è previsto nelle grandi città dell’area mediterranea, a partire dalla spagnola Barcellona (oltre 246mila). Ma nella classifica delle prime dieci ci sono anche quattro italiane: Roma (quasi 148mila morti in più), Napoli (oltre 147mila), Milano (110mila) e Genova (oltre 36mila). Meno gravi, ma sempre significative, le previsioni per altre capitali europee come Parigi, con oltre 13.500 morti in più stimati entro la fine del secolo. Altrove, come per esempio a Londra, il saldo previsto è negativo, perché l’aumento di mortalità per caldo è più che compensato dalla diminuzione di quella per il freddo. Guardando però al totale dell’intero continente, si potrebbe arrivare a 2,3 milioni di morti in più entro la fine del secolo.
Possiamo ancora evitare le conseguenze peggiori della crisi climatica
Queste proiezioni così catastrofiche, però, partono da un assunto: quello per cui le politiche per abbattere le emissioni di gas serra siano incerte, lente e insufficienti. Ipotizzando che sia questo il quadro, anche gli sforzi per adattare le città all’aumento delle temperature potrebbero arrivare solo fino a un certo punto. Ciò significa, però, che abbiamo ancora un’opportunità. Quella di agire per decarbonizzare i vari settori della nostra economia, e farlo in fretta. In tal caso, abbiamo la possibilità di evitare fino al 70 per cento di questi decessi prematuri. Una ennesima conferma che arriva mentre i governi degli stati membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) lavorano all’aggiornamento dei propri piani di riduzione delle emissioni (ndc), da formalizzare entro la fine di febbraio.
“I nostri risultati sottolineano l’urgente necessità di perseguire aggressivamente sia la mitigazione dei cambiamenti climatici che l’adattamento al calore crescente. Questo è particolarmente critico nella regione mediterranea dove, se non si agisce, le conseguenze potrebbero essere disastrose. Ma, seguendo un percorso più sostenibile, potremmo evitare milioni di decessi prima della fine del secolo”, sottolinea Pierre Masselot, ricercatore della London School of Hygiene & Tropical Medicine e co-autore dello studio.
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