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L’Emilia-Romagna ha stanziato nuovi fondi per finanziare progetti di ricerca per metodi sostitutivi che non prevedano la sperimentazione animale.
Sulla carta, la legge italiana in tema di sperimentazione animale è tra le più avanzate in Europa. Un risultato reso possibile da sette anni di battaglie condotte da Lav, che ha ottenuto l’inserimento di vincoli e divieti unici al mondo, all’interno della norma nazionale. Tra questi, il divieto di utilizzo di grandi scimmie, come gli scimpanzé, e il divieto di allevare cani destinati ai laboratori, come accadeva nel famigerato allevamento di Green Hill, protagonista, nel 2012, della più grande operazione di liberazione di animali destinati alla vivisezione.
Purtroppo, però, non sempre le norme trovano adeguata applicazione: i controlli continuano ad essere lacunosi, la formazione degli operatori inappropriata (nonostante debbano manipolare animali in condizioni di estrema fragilità e di sofferenza), e gli animali stabulati e uccisi continuano ad essere oltre 500mila ogni anno.
Allo stesso modo, i metodi sostitutivi, che dovrebbero essere una priorità sia dal punto di vista della norma che dell’approccio scientifico, continuano ad essere considerati come secondari rispetto al modello animale e finanziati con supporti economici quasi inesistenti, specie se paragonati all’oltre milione di euro destinati alla sperimentazione animale ogni anno.
Le Regioni, però, hanno la possibilità di stanziare ulteriori risorse per la ricerca senza animali e di distinguersi per investimenti su progetti che rispondano ai principi cardine delle direttive internazionali: sostituire gli animali e avvalersi di modelli alternativi. Un esempio virtuoso è l’Emilia-Romagna che a questo scopo ha appena stanziato ben 100mila euro, un risultato per il quale Lav lavora da anni. In particolare, il bando assegna 10 premi da mille euro a tesi di laurea e sei borse di ricerca per neolaureati del valore di 15mila euro ciascuna.
Nello specifico, sono coinvolte le quattro Università della Regione: Bologna, Modena-Reggio Emilia, Parma e Ferrara. Tra queste, ricordiamo positivamente Modena, coinvolta nella liberazione dei primati e nella chiusura definitiva della linea di ricerca che utilizzava questi animali. Parma, invece, è ancora al centro di una campagna che la vede tristemente protagonista, a causa dell’utilizzo di macachi con impianti al cranio, sottoposti a interventi chirurgici per studi sulla vista. Il nostro auspicio è che questo nuovo bando possa in qualche misura influenzare l’Ateneo parmense (dove, oltretutto, sono già attivi laboratori che sviluppano modelli totalmente animal-free) nel senso di un progressivo abbandono delle sperimentazioni sugli animali.
Oltre che per lo stanziamento di risorse dedicate, l’Emilia-Romagna si distingue anche per un comitato etico che si occupa proprio della promozione dei modelli alternativi, modelli che sono scientificamente più affidabili, rapidi e, chiaramente, più etici della sperimentazione animale. Quest’ultima, lo ricordiamo, rispecchia un’impostazione Ottocentesca della ricerca, e non è mai stata validata scientificamente.
Lungi dal rappresentare un’eccezione, i modelli alternativi alla sperimentazione sono un imperativo stabilito dalla legge – italiana ed europea – e non solo: rappresentano un’opportunità di sviluppo e un’occasione per le amministrazioni locali di dare nuovo slancio alla ricerca italiana, che talvolta fatica a tenere il passo con il contesto europeo ma che, anche grazie ai metodi alternativi, può efficacemente proporsi come modello di innovazione, anche a livello internazionale.
Il nostro auspicio, per la scienza italiana, la salute dei pazienti e la salvezza di milioni di animali, è che i fondi stanziati dall’Emilia-Romagna possano diventare una costante nel tempo, e che l’esempio di questa Regione si diffonda presto su scala nazionale.
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