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Le origini della lingua tibetana scritta risalgono al periodo della prima introduzione del buddismo in Tibet. nella prima metà del settimo secolo dopo Cristo
In seguito all’occupazione cinese del Tibet, avvenuta nel 1950,
un gran numero di tibetani lasciò il proprio paese fondando
numerose comunità sul territorio indiano, nepalese e in
alcuni paesi occidentali. L’estensione (circa 3.000.000 di Km2) e
le difficoltà di comunicazione all’interno di questa vasta
area montagnosa hanno determinato la proliferazione di numerosi
dialetti locali spesso molto diversi tra loro e di difficile
comprensione per gli stessi tibetani.
Le origini della lingua tibetana scritta risalgono al periodo della
prima introduzione del buddismo in Tibet. Secondo la tradizione,
nella prima metà del settimo secolo dopo Cristo, il re
Songtsen Gampo inviò nel Kashmir il suo primo ministro,
Thönmi Sambhata, per studiare il sanscrito e la letteratura
buddista.
Quest’ultimo, al suo ritorno in Tibet, inventò un nuovo
alfabeto e compose la prima grammatica in lingua tibetana.
L’alfabeto tibetano è composto da 30 caratteri, derivati
dalle 50 lettere degli alfabeti indiani di quell’epoca, ed è
caratterizzato da un’elegante accentuazione delle linee curve.
La scrittura tibetana, in linea con quella indiana, è un
tipo di scrittura sillabica contraddistinta da segni specifici per
i diversi timbri vocalici e procede, fatta eccezione per alcune
sillabe o complessi consonantici, orizzontalmente da sinistra a
destra.
Per scrivere, i tibetani utilizzano cannucce di legno o di
bambù appuntite o tagliate e fogli di carta fibrosa e
resistente ricavati dalla parte interna della scorza di un
particolare tipo di arbusto.
Nei libri tibetani, le pagine iniziali e di chiusura riportano
spesso illustrazioni miniate. I fogli che costituiscono un volume
sono scritti sulle due facciate, impilati senza rilegatura, avvolti
in un drappo di seta o di cotone e posti tra due pesanti blocchi di
legno finemente intagliato a loro volta tenuti assieme da un nastro
di stoffa pregiata.
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