Migranti. Al confine tra Grecia e Turchia si rischia una crisi come nel 2020?

Erdogan provoca portando migranti al confine tra Grecia e Turchia, come nella crisi del 2020. E Atene schiera i soldati sull’isola di Lesbo.

Vado in Grecia, su invito del governo, insieme alle altre istituzioni per fare il punto su una situazione drammatica che interessa la Grecia e interessa l’Europa. È da tempo che la Grecia è lasciata sola. Oggi siamo in presenza anche di una politica da parte del governo turco che sta minacciando di mandare gli immigrati in Europa. Noi dobbiamo accoglierli, dobbiamo proteggerli. Così come è stato fatto anche in altre zone d’Europa. Ma non lasciando da sola la Grecia. La Grecia è un paese europeo e noi vogliamo sostenere la Grecia nella sua azioni. Abbiamo bisogno di una politica europea più forte: avevamo detto che chi viene in Grecia arriva in Europa, ma su questo richiamo è calato il silenzio da parte degli Stati membri.

David Sassoli, ex presidente del Parlamento europeo

Era il 2 marzo 2020 e David Sassoli, compianto presidente del Parlamento europeo, lanciava parole di fuoco contro l’assenza di volontà dei Paesi membri dell’Unione Europea di ‘fare la propria parte’ nella gestione dell’accoglienza dei flussi migratori.

Una ferita che rischia di riaprirsi tra Grecia e Turchia

In quei giorni, forse per la prima volta, il Vecchio Continente aveva scoperto il fronte sudorientale dei propri confini, quelli che dividono Grecia e Turchia, quando decine di migliaia di migranti, almeno 135mila secondo il ministero dell’Interno di Ankara, in meno di 72 ore si erano spostati dalle zone interne della Turchia verso il confine europeo, approfittando del lasciapassare concesso loro dal premier turco Recep Tayyp Erdogan.

Migranti accalcati nella buffer zone di Pazarkule, al confine greco-turco, in attesa di provare a entrare in territorio ellenico © Bulent Kilic/ Ansa
Migranti accalcati nella buffer zone di Pazarkule, al confine tra Grecia e Turchia, in attesa di provare a entrare in territorio ellenico nel 2020 © Bulent Kilic/Ansa

Oggi quella vicenda rischia di ripetersi perché, secondo quanto denunciato dal governo greco, la Turchia avrebbe ricominciato ad ammassare migranti al confine. Siamo agli albori di una nuova crisi?

Cosa è successo nel 2020 

Nel 2020 la mossa di Erdogan fu una specie di ricatto: al tempo Ankara chiedeva all’Europa un sostegno all’intervento militare turco in Siria, contro l’avanzata dell’Isis, è vero, ma anche al fianco del regime di Bashar al-Assad, in un conflitto che ha riversato in Turchia milioni di profughi siriani, ai quali se ne aggiungono almeno altrettanti afgani. Aiuto che l’Europa però ha sempre negato.

Nel marzo del 2016 Unione europea e Turchia hanno raggiunto un accordo che prevedeva che il governo di Ankara si occupasse di fermare il flusso di migranti, a fronte del pagamento di un corrispettivo di 6 miliardi di euro. Nel 2020 però Erdogan accusando l’Europa di non aver rispettato i patti, ha deciso di spostare al confine tra Grecia e Turchia i profughi sparsi all’interno del proprio territorio proprio per mettere sotto pressione l’Europa.

La risposta delle istituzioni europee, al solito, non è stata delle più coraggiose: la Grecia ha immediatamente sospeso l’accettazione delle domande di asilo. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen invece ha semplicemente affermato che “la Grecia è lo scudo d’Europa”. Solamente David Sassoli ha parlato apertamente di accoglienza e inclusione.

Cosa sta succedendo nel 2022

Oggi Sassoli non c’è più, mentre invece c’è il rischio che la situazione al confine greco-turco torni esplosiva: intervenuto alla tv locale Skai, infatti, lo scorso 21 settembre il ministro della Protezione dei cittadini, Takis Theodorikakos, ha denunciato un “piano organizzato” per spingere nuovamente i migranti al confine tra Grecia e Turchia da parte di Ankara: “Ieri (ovvero il 21 settembre, ndr) circa 1.500 persone hanno cercato di entrare nel nostro Paese dal confine del fiume Evros, e sono tornate indietro solo quando hanno riscontrato la forte presenza di misure di prevenzione”, secondo Theodorikakos. “È chiaro che esiste un piano organizzato da parte della Turchia: nella maggior parte dei casi i migranti sono stati portati al confine da veicoli della gendarmeria turca”.

Theodorikakos ha chiarito che la “minaccia” al momento non ha preso la forma che aveva a febbraio e marzo 2020. In ogni caso, “stiamo monitorando da vicino la situazione per non permettere che accada qualcosa di simile”.

Iuventa, Andronikos Korakas Kontos, di Lesbo, ambasciatore sedicenne della Jugend Rettet osserva gli esuli nella sua isola di origine. Copyright Michele Cinque
Migranti sull’isola di Lesbo © Michele Cinque

Solamente in agosto il ministro delle migrazioni Notis Mitarakis aveva reiterato l‘intenzione del governo di estendere di 80 chilometri il muro al confine di Evros con la Turchia, sottolineando che la Grecia non può essere un “campo aperto”. Aveva inoltre insistito sul fatto che “la Turchia non è un paese in guerra” alludendo alla possibilità di rimpatriare migranti in arrivo dalla Turchia.

Le tensioni nel Mar Egeo e su Cipro 

Le tensioni tra Grecia e Turchia non riguardano però solamente la questione migratoria: nelle ultime settimane la Turchia ha infatti accusato Atene di aver di fatto militarizzato le isole dell’Egeo, in particolare Lesbo vicinissima alle coste turche e vero e proprio hotspot a cielo aperto per migranti, in violazione delle convenzioni internazionali. Erdogan in persona, in piena crisi ucraina, ha perfino minacciato un attacco: “I greci hanno basi su queste isole, se le loro minacce illegali contro di noi continuano a basarsi su di esse, la nostra pazienza ha un limite”. Atene risponde a sua volta che l’aumento dei contingenti sulle isole vicine alla Turchia è dovuto all’aumento della pressione militare effettuato dalla Turchia sulle parte di Cipro Nord occupata a partire dal 1974, e riconosciuta solamente da Ankara.

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