
L’auto connessa (in Italia ne circolano 18 milioni, il 45% del parco circolante) ha molti vantaggi in termini di sicurezza e innovazione. Ma a chi cediamo i dati personali e chi tutela la nostra privacy?
Colonnine di ricarica: quante sono, in che regioni, che potenza hanno. Secondo uno studio, in meno di 5 mesi il numero di punti di ricarica pubblici in Italia è salito del 29 per cento. Ma la metà rimane concentrato in 5 regioni, Lombardia in testa.
Per chi ha in mente di comprare nei prossimi mesi un’auto elettrica, sapere dove e come potrà ricaricarla è un fatto fondamentale. Così, grazie a uno studio realizzato da Motus-E, associazione che lavora per favorire la transizione verso l’e-mobility nel nostro Paese, facciamo un aggiornamento sullo stato dell’infrastruttura di ricarica elettrica in Italia. I dati che emergono dallo studio, aggiornato a marzo 2020, sono incoraggianti con uno scenario italiano che, seppur non ideale – specie sulla rete autostradale – sembra in rapida evoluzione.
In Italia oggi sono presenti 13.721 punti di ricarica in 7.203 stazioni accessibili al pubblico. La ripartizione media è del 73 per cento per le infrastrutture pubbliche ad accesso pubblico e del 27 per cento su suolo privato a uso pubblicoreport Motus-E
Rispetto alla precedente rilevazione effettuata a fine settembre 2019 – si legge nello studio – si registra una crescita media del 33 per cento. Più nel dettaglio, in meno di 5 mesi, nel periodo tra settembre 2019 e gennaio 2020, nel nostro Paese il numero totale di punti di ricarica ad accesso pubblico è passato da 10.647 a 13.721, con un incremento del 29 per cento. Una crescita importante che però, come evidenzia la ricerca, vede ancora una forte disparità tra nord e sud con la metà delle colonnine concentrata in cinque regioni. E qui si pone il problema: se è ormai una certezza che la crescita della mobilità elettrica è legata essenzialmente alla rete delle infrastrutture di ricarica, è auspicabile che la stessa cresca più rapidamente. Gli altri fattori di scelta della mobilità elettrica infatti, come il prezzo, le batterie, o l’autonomia, o ancora la disponibilità di modelli, sono tutti elementi che negli ultimi anni hanno fatto registrare notevoli evoluzioni, con auto elettriche più accessibili e funzionali. Adesso bisogna consentire a chi sceglie l’e-mobility di poter affrontare anche gli spostamenti più lunghi con facilità, o di poter ricaricare il proprio veicolo anche in spazi privati, come un garage o nei parcheggi condominiali.
Per chi acquista un’auto elettrica, tempi e modalità di ricarica sono un fattore di scelta. E allora vediamo in Italia le possibili tipologie. Ogni singolo punto di ricarica può essere a potenza standard, cioè con una capacità di erogare fino a 22 kW (in corrente alternata o continua), oppure a potenza elevata (solo in corrente continua), cioè oltre i 22 kW. Quest’ultima tipologia si divide a sua volta in “veloce”, cioè da 22 a 50 kW, e in “ultra-veloce”, cioè oltre i 50 kW. Come chiarisce lo studio di Motus-E, di tutti i punti di ricarica pubblici presenti in Italia, il 73 per cento si trova in aree senza alcuna limitazione di accesso e il restante 27 in spazi privati a uso pubblico, come supermercati e centri commerciali. In termini di disponibilità, rispetto alle rilevazioni di settembre 2019 c’è stata una crescita media del 33 per cento, con un aumento di 1.957 stazioni e l’attivazione di 3.074 nuovi punti di ricarica.
Dallo studio di Motus-E emerge un dato: la rete di ricarica italiana non è distribuita in modo omogeneo nel Paese. Anzi, dai dati risulta evidente come a crescere di più alla voce infrastruttura siano soprattutto 5 regioni del centro-nord: Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Trentino-Alto Adige e Veneto. Complessivamente queste regioni contano la metà di tutte le stazioni di ricarica elettrica nazionale.
In testa la Lombardia, che da sola ha il 18 per cento delle stazioni di ricarica, con 2.467 punti contro i 1.730 registrati in settembre. Rimane moderata o stabile la crescita delle altre regioni: Toscana (1.420), Piemonte (1.330), Emilia-Romagna (1.311), Lazio (1.179) e Veneto (1.130), seguite a distanza da Sicilia (650), Trentino-Alto Adige (630) e Puglia (617). Considerato il totale dei punti di ricarica, il 71 per cento ha una potenza di erogazione compresa tra i 21 e i 43 kW, il 23 sotto i 3,7 kW, il 3 per cento fra i 3,7 e i 7,4 kW e un altro 3 per cento tra i 44 e i 100 kW. In altre parole, nel nostro Paese i punti di ricarica ad alta potenza, quelli che assicurano tempi di ricarica più rapidi, sono ancora troppo pochi.
Fra le maggiori preoccupazioni di chi sceglie la mobilità elettrica c’è la carenza di stazioni di ricarica lungo la rete autostradale, dove invece avere punti di ricarica ad alta potenza (almeno 100 kW) renderebbe più facili gli spostamenti a lungo raggio. Su una rete autostradale complessiva di 6.943 chilometri – sottolinea la ricerca – i punti di ricarica fast presenti risulterebbero 13 ogni 100 chilometri. Tuttavia la stessa ricerca evidenzia come “sia invece necessario uscire dall’autostrada per ricaricare” e per avere accesso a reti di ricarica come Eva+. La situazione è destinata a migliorare grazie anche all’impegno del consorzio Ionity che sta installando infrastrutture “super fast” (fino a 350 kW, una potenza che equipara il tempo necessario alla ricarica di un veicolo elettrico a quello impiegato per il rifornimento di combustibile) lungo le maggiori autostrade europee, con l’obiettivo di creare in Italia circa 50-60 stazioni (delle quali 20 attive entro giugno 2020). Buone notizie, infine, dal Piano strategico 2020-2023 di Autostrade per l’Italia (Aspi), che prevede la realizzazione di piazzole con colonnine di ricarica all’interno delle principali aree di servizio, il potenziamento delle energie rinnovabili anche a favore dei servizi forniti agli automobilisti e azioni di rimboschimento necessarie per compensare l’emissione di CO2.
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