Cop28

L’industria della moda partecipa alla Cop27 di Sharm el-Sheikh

Per ridiscutere e ridisegnare i suoi meccanismi e processi, puntando su circolarità, energie rinnovabili, produzione e logistica avanzata.

In questi giorni l’attenzione del mondo è concentrata su ciò che sta accadendo in Egitto, a Sharm el-Sheikh. Questo perché è in corso la ventisettesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la Cop27, fino al 18 novembre. Un momento che riunisce centinaia di giornalisti, scienziati, rappresentanti di ong e istituzioni, leader e delegati governativi per delineare i piani d’intervento in materia di emergenza climatica a livello globale.

Per quest’edizione anche l’industria della moda è presente per ridiscutere e ridisegnare i suoi meccanismi e processi, puntando su circolarità, energie rinnovabili, produzione e logistica avanzata. Questo perché, come ormai si sa da tempo, la moda e l’industria tessile sono i settori economici più inquinanti dopo quello petrolifero.

Sovrapproduzione e conseguente sovrabbondanza di rifiuti, sfruttamento eccessivo di risorse come l’acqua, dispersione globale dei processi che caratterizzano la catena di approvvigionamento sono solo alcuni degli enormi problemi che il sistema sta iniziando ad affrontare in maniera sistematica e strategica.

La moda italiana alla Cop27

Tra gli appuntamenti di quest’anno, Federico Marchetti – fondatore di Yoox net-a-porter e presidente della Fashion task force del re Carlo III – e l’amministratore delegato di Brunello Cucinelli Riccardo Stefanelli sono intervenuti per illustrare i risultati e i progressi compiuti dal progetto Himalaya regenerative fashion living lab.

moda cop27
Il Re Carlo III, Brunello Cucinelli e Federico Marchetti, a Villa Wolkonsky, residenza dell’Ambasciatore del Regno Unito in Italia

Il progetto, che si avvale sul campo dell’associazione Reforest action e della Circular bioeconomy alliance, ha come obiettivo primario quello di creare delle catene di valore intervenendo sulle comunità locali di alcune aree dell’Himalaya, ripristinando paesaggi degradati e recuperando le tradizionali abilità artigianali e tessili al fine di migliorare le economie locali del cashmere, del cotone e della seta.

Ad oggi sono stati piantati oltre un milione di alberi, contribuendo a garantire un lavoro a 354 persone e coinvolgendo più di 1700 proprietari terrieri, famiglie e agricoltori locali.

L’evento è stato preceduto da riunione tenutasi lo scorso 4 novembre a Buckingham Palace, alla quale hanno partecipato il re Carlo III, il nuovo primo ministro britannico Rishi Sunak e più di 300 rappresentanti delle più importanti aziende in tutto il mondo.

La moda sta facendo abbastanza?

La moda sta facendo abbastanza per ridurre il suo impatto? A questa domanda si cerca di dare una risposta – sicuramente non esaustiva – durante il panel Fashion industry on the race to zero, l’industria della moda in corsa verso la decarbonizzazione.

L’evento è organizzato dal Fashion industry charter for climate action, un’iniziativa guidata dall’industria della moda nell’ambito dell’United Nations climate change, lanciata nel 2018 durante la conferenza Cop24 in Polonia e rinnovata alla Cop26 di Glasgow lo scorso anno.

Lo scopo è quello di ridurre a zero le emissioni di gas serra dell’industria della moda globale entro il 2050, e per farlo ha organizzato le sue attività in gruppi di lavoro dedicati alle complesse e diverse sfide della moda, dalla gestione delle materie prime all’uso delle fonti di energia, dalla logistica alle tecniche di produzione, fino alla comunicazione.

Le sessioni del panel sono tre e parteciperanno fra gli altri, la responsabile della sostenibilità e degli affari istituzionali del gruppo Kering Marie-Claire Daveu, il responsabile sostenibilità di Puma Stefan Seidel, e la presidente di Global fashion agenda Federica Marchionni.

Pur non partecipando alla conferenza, rappresentati dell’industria della Cina saranno presenti sotto la guida di Kehua Hu, direttore del programma di sostenibilità del China national apparel council.

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