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Le grida di gioia dei Mondiali di calcio Qatar 2022 rischiano di silenziare i lavoratori immigrati, sfruttati per costruire le lussuose infrastrutture del torneo.
I Mondiali di calcio del 2022, uno degli eventi sportivi più importanti del prossimo decennio, saranno ospitati dal Qatar. La candidatura araba ha battuto quella degli Stati Uniti nel 2010, in un processo di selezione che sarebbe stato minato dalla corruzione. Un altro scandalo riguarderebbe la violazione dei diritti umani nei cantieri edili qatarioti. Il piccolo paese ricco di giacimenti di petrolio ha il pil pro capite più alto al mondo. Ciononostante, i milioni di immigrati che stanno costruendo le infrastrutture dei Mondiali lavorano e vivono in condizioni indegne, costretti in un sistema conosciuto come kafala, paragonabile alla schiavitù.
Il Qatar ha una popolazione di due milioni di abitanti, l’85 per cento dei quali sono immigrati provenienti soprattutto dall’India, Nepal, Bangladesh, Sri Lanka e Filippine. Numeri che ne fanno il paese con il maggior numero di immigrazione pro capite al mondo. Il governo sostiene che per ultimare le infrastrutture (per un costo di 140 milioni di dollari) saranno necessari altri 500mila lavoratori.
In Qatar gli immigrati lavorano soprattutto nel settore dell’edilizia o fanno lavori domestici. Hanno il permesso di lavorare nel paese, come in altri stati del Golfo solo se con l’avallo di un garante, ovvero un kafeel. È il sistema della kafala che unisce dipendenti e datori di lavoro con un legame così stretto che i lavoratori non possono lasciare il paese o cambiare impiego senza il permesso del kafeel.
La Fifa, l’organizzazione internazionale che governa il calcio, ha condannato pubblicamente le condizioni di lavoro riscontrate in Qatar insieme agli sponsor Visa e Coca Cola. Alcune delle più importanti organizzazioni per i diritti umani, Human rights watch (Hrw) e Amnesty International, hanno paragonato il sistema della kafala al lavoro forzato e hanno definito insoddisfacente l’impegno del governo per la salvaguardia dei diritti dei lavoratori. In un rapporto del 2013, Amnesty ha rivelato che molti datori di lavoro sottraggono i passaporti ai futuri dipedenti appena entrano in Qatar. Inoltre, un’inchiesta di Human rigths watch del 2012 ha rivelato che più di un terzo dei lavoratori non erano pagati regolarmente.
Gli operai edili lavorano moltissime ore sopportando il caldo cocente del deserto e molti di loro vivono in dormitori squallidi. Questa situazione è talmente imbarazzante per il governo del Qatar che a maggio le autorità hanno arrestato un giornalista della Bbc, invitato a visitare uno dei nuovi campi di lavoro in costruzione, per essersi avventurato in uno dei vecchi alloggi. I lavoratori non possono opporsi a queste condizioni: la legge proibisce di formare sindacati, oltre a non avere un adeguato accesso al sistema giudiziario, come sottolineato da un rapporto del 2014 della International trade union confederation (Ituc).
https://youtu.be/qSuajKyAEwQ
Questi fatti hanno ricevuto particolare attenzione quando l’architetta Zaha Hadid, che ha progettato lo stadio dei Mondiali Al-Wakrah, ha abbandonato un’intervista con la Bbc dopo che la giornalista ha menzionato le morti sul lavoro nel sito di costruzione dello stadio. L’intervistatrice dava per certo che delle persone fossero morte, mentre Hadid la pensava diversamente.
È difficile fare una stima di quanti lavoratori abbiano perso la propria vita nei cantieri in Qatar e se questi incidenti siano effettivamente collegati ai Mondiali visto che il governo non rilascia alcuna informazione. Nel 2014 l’Ituc ha stimato che 1.200 lavoratori immigrati avrebbero perso la vita da quando sono cominciati i lavori in vista dei Mondiali. Non è ancora chiaro come queste persone abbiano perso la vita, infatti molti ritengono impossibile collegare le vittime al torneo. Inoltre, la Ituc segnala che il programma infrastrutturale del Qatar, che include metropolitane, alberghi, un aeroporto, strade, grattacieli, impianti sportivi e addirittura una nuova città, è totalmente pensato per l’evento.
Anche se Hadid potrebbe avere ragione nel sostenere che nessun lavoratore è morto nel suo progetto, il fatto che non si sappia quanti immigrati siano effettivamente morti, né tantomeno perché, è assurdo. La responsabilità cade sul governo del Qatar e sulla Fifa che non possono semplicemente restare passivi di fronte alla realtà dello sfruttamento della manodopera, come sottolineato da Amnesty. Evidentemente, lo sfarzo dei Mondiali è talmente accecante che l’evento va portato avanti anche davanti a queste rivelazioni.
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