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In Italia il 35 per cento di padri aventi diritto preferisce non usufruire del congedo di paternità, sottolineano Inps e Save the Children.
In Italia il congedo di paternità obbligatorio è una conquista piuttosto recente. Introdotto dalla legge Fornero del 2012, inizialmente durava un solo giorno con la possibilità di aggiungerne due facoltativi (da sostituire a quelli che spettavano alla madre). Negli anni la sua durata è stata estesa. Oggi i neopapà – anche adottivi o affidatari – hanno diritto a dieci giorni di congedo obbligatorio, retribuito al 100 per cento dall’Inps, da chiedere entro i primi 5 mesi di vita del figlio o della figlia senza intaccare il congedo obbligatorio previsto per la madre (che dura invece 5 mesi, di cui usufruire in parte subito prima e in parte subito dopo la nascita).
Con il passare del tempo, sempre più persone sono entrate a conoscenza di questa opportunità e hanno scelto di usufruirne. L’adesione è passata infatti dal 19,2 per cento degli aventi diritto nel 2013 al 64,5 per cento nel 2023: più del triplo. Ma ciò significa anche che c’è ancora una fetta consistente di neopapà – circa il 35 per cento – che, pur avendo diritto a un congedo che sulla carta è obbligatorio, preferisce rinunciarvi. È quanto emerge dai dati pubblicati da Inps e dalla ong Save the children in occasione del 19 marzo, festa del papà.
Le percentuali di utilizzo del congedo obbligatorio salgono tra i padri che hanno un contratto di lavoro a tempo indeterminato (circa il 70 per cento), che hanno un reddito compreso tra i 28mila e i 50mila euro (83 per cento) o superiore ai 50mila euro (80 per cento) e che sono dipendenti di un’azienda con oltre 100 dipendenti (80 per cento). Viceversa, approfittano dei giorni di congedo di paternità soltanto il 20 per cento dei lavoratori con un contratto a termine e solo il 40 per cento di quelli che lavorano per piccole aziende con un organico inferiore ai 15 addetti. Anche la geografia incide: si va da un minimo del 35,1 per cento in Calabria a un massimo del 79 per cento in Veneto. In generale, le percentuali di adesione sono significativamente più alte al nord Italia (76 per cento), scendono al Centro (67 per cento) e crollano al Sud e nelle Isole (44 per cento).
Il congedo di paternità non va confuso con il congedo parentale che, invece, è facoltativo e spetta a entrambi i genitori a fronte di una retribuzione ridotta. Nel 2025 è pagato all’80 per cento per un massimo di tre mesi, purché siano richiesti entro i sei anni di vita del figlio o della figlia. Ci sono poi altri sei mesi indennizzati al 30 per cento.
“Nonostante i segnali positivi che i dati sulla fruizione del congedo di paternità ci mostrano, c’è ancora molto da fare per favorire un’equa condivisione della cura tra madri e padri. Eppure, la genitorialità condivisa migliora il benessere di bambini e bambine e tutela il loro diritto fondamentale a una crescita serena in un contesto affettivo ed educativo protetto”, sottolinea Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children. “In questo senso è essenziale investire nel rafforzamento di questa misura per tutti i lavoratori, non solo quelli dipendenti. Un congedo più lungo, inoltre, contribuirebbe al bilanciamento tra responsabilità genitoriali, promuovendo una visione più paritaria tra uomini e donne e favorendo il consolidarsi di modelli culturali liberi da stereotipi di genere”.
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