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Una risoluzione a favore della fine del blocco economico americano contro Cuba è stata votata da 191 paesi, sui 193 appartenenti alle Nazioni Unite.
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato, a larghissima maggioranza, a favore della fine dell’embargo degli Stati Uniti nei confronti di Cuba. A tre mesi dallo storico riavvicinamento diplomatico tra i due Paesi, una risoluzione – non vincolante ma intrisa di valore politico e simbolico – è stata infatti approvata da 191 dei 193 Paesi membri dell’Onu: gli unici “no” sono arrivati dai rappresentanti di Israele e degli stessi Usa.
Il diplomatico americano Ron Godard – riferisce l’agenzia Afp – ha giustificato la contrarietà del proprio paese spiegando che il testo del documento “non riflette i passaggi fin qui effettuati”. Occorrerà verificare quale sarà, a riguardo, la posizione della Casa Bianca, tenuto conto del fatto che il presidente Barack Obama, parlando alle Nazioni Unite il 29 settembre 2015, ha auspicato “che il Congresso elimini un blocco economico, commerciale e finanziario che non dovrebbe più esistere”, pur ammettendo che “Usa e Cuba devono percorrere ancora un lungo cammino sulla strada della normalizzazione delle loro relazioni”.
Nella stessa occasione, il leader statunitense ha anche toccato uno dei tasti maggiormente dolenti nei rapporti diplomatici tra Washington e L’Avana, ovvero la questione della base militare americana situata a Guantanamo: “Dobbiamo restituire a Cuba un territorio che abbiamo occupato illegalmente”, ha dichiarato, senza mezzi termini.
L’embargo economico contro l’isola comunista fu introdotto dagli Usa nel 1962. Nel suo discorso tenuto il 27 ottobre di fronte all’Assemblea generale dell’Onu, il ministro degli Esteri dell’isola centroamericana, Bruno Rodriguez Parrilla, ha spiegato che “secondo calcoli rigorosi, i danni economici causati in più di mezzo secolo superano i 121 miliardi di dollari a prezzi costanti. Si tratta di un valore enorme per un piccola nazione come la nostra”.
“L’abolizione dell’embargo – ha proseguito il capo della diplomazia cubana – rappresenta perciò un fattore cruciale, in grado di dare senso ai progressi che Cuba e Stati Uniti hanno effettuato negli ultimi mesi, nonché capace di determinare il ritmo degli avanzamenti futuri. Come ha riconosciuto Obama, la fine del blocco riflette la volontà del suo popolo”.
Tuttavia, per tradurre in fatti concreti le volontà manifestate dal presidente americano e dal suo omologo cubano Raul Castro, occorre che il Congresso statunitense si pronunci a favore dell’iniziativa. Un’eventualità che appare molto remota, nonostante gli appelli lanciati della Casa Bianca: dalle scorse elezioni di mid-term, il parlamento di Washington è infatti controllato dal partito repubblicano, fermamente convinto della necessità di mantenere la politica avviata cinquantatré anni fa.
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