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In Namibia un sistema per produrre acqua dall’aria
Ecco come li si aiuta a casa loro, tanto per usare una frase tanto di moda in questi ultimi mesi. Portando le tecnologie, fornendo servizi essenziali come l’acqua potabile e i servizi igienici. Ed è quello che sta avvenendo all’Hungua primary school, scuola che sorge a 140 chilometri da Opuwo, in Namibia e che ospita
Ecco come li si aiuta a casa loro, tanto per usare una frase tanto di moda in questi ultimi mesi. Portando le tecnologie, fornendo servizi essenziali come l’acqua potabile e i servizi igienici. Ed è quello che sta avvenendo all’Hungua primary school, scuola che sorge a 140 chilometri da Opuwo, in Namibia e che ospita oltre 500 studenti. Un’area semi desertica dove verrà installato un dispositivo, alimentato da energia rinnovabile, in grado di estrarre l’umidità dall’aria e di fornire acqua potabile.
Il progetto nasce da una collaborazione tra la fondazione HumaCoo e la svizzera Seas (Société de l’eau aérienne suisse) e mira al miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie non solo degli studenti e del personale scolastico, ma anche delle loro famiglie e dei villaggi adiacenti. “Non è una scuola come la consideriamo noi, piuttosto si tratta di una sorta di collegio dove vivono oltre 600 ragazzi, in condizioni precarie”, spiega Carlo Maria Tieri, direttore generale di HumaCoo. “La poca acqua disponibile arriva da una cisterna adibita alla raccolta di acqua piovana, senza nessuna igiene né sicurezza. La nostra collaborazione è partita sei mesi fa con la riqualificazione dell’edificio scolastico, e a fine marzo sarà installata la prima macchina”.
In Namibia l’acqua la si estrae dall’aria
“La scuola non ha accesso all’acqua, né a servizi igienici, tanto che in alcuni giorni non è possibile fare lezione”, continua Tieri. Ma con il macchinario fornito dalla società svizzera sarà possibile estrarre dall’aria oltre 2mila litri di acqua al giorno. Il progetto però non si ferma a questo: “Ciò che vogliamo fare è quello di trasferire un know-how, ovvero fornire le conoscenze per usare e gestire la tecnologia”, racconta Rinaldo Bravo, amministratore delegato di Seas. “In questo modo insegniamo ai locali ad usare la tecnologia. Dietro infatti c’è tutta un’attività che parte sì dal produrre acqua potabile, ma si tratta poi di gestirla, come nel caso delle acque grigie e nere. L’obiettivo è quello di realizzare fabbriche dell’acqua, creando allo stesso tempo posti di lavoro”.
A cosa serve la cooperazione internazionale
Sono questi infatti i progetti di più ampio respiro della cooperazione internazionale, quelli che durano negli anni e possono creare un domino nelle aree in cui si va ad intervenire. “È la prima volta che una tecnologia del genere viene prestata alla cooperazione internazionale”, aggiunge Tieri. “Finora ci si era sempre fermati alla realizzazione dei pozzi, spesso molto costosi e che non danno la certezza di avere un’acqua potabile”. In questo caso si tratta di un progetto all’avanguardia e sopratutto replicabile.
Ma il progetto è molto più articolato. Oltre a produrre l’acqua dall’aria il macchinario è in grado di potabilizzare l’acqua del pozzo oggi presente, che sarà utilizzata per i servizi igienici. “Sarà raccolta l’acqua piovana per lo stoccaggio e la purificazione della stessa per utilizzarla per i servizi igienici”, conclude Bravo. “Forniremo tutta una serie di toilette a secco che non hanno bisogno di acqua. Il tutto dando loro gli strumenti per fare manutenzione dello stesso”. In questo modo si darà vita ad un’intera generazione di ragazzi in grado di fare piccole installazioni, di gestire la manutenzione ordinaria e di poter vivere con dignità nella propria terra.
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