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La Nascetta è l’unico vitigno bianco autoctono delle Langhe, ma era stato abbandonato nel dopoguerra perché coltivarlo non è facile. Ora c’è chi ci sta riprovando, con successo.
La Nascetta è un vitigno che affonda le sue radici nel cuore delle Langhe. Se ne trova traccia già nel 1879, nella Monografia sulla viticoltura ed enologia nella provincia di Cuneo di Lorenzo Fantini, che la descriveva come una varietà coltivata a Novello. Tuttavia, il suo destino è stato tutt’altro che lineare: dopo la Seconda guerra mondiale, la Nascetta fu progressivamente abbandonata a causa della sua scarsa produttività e della sua natura capricciosa.
Oggi, però, le cose stanno cambiando. È dagli anni Novanta che alcuni produttori hanno riscoperto antichi ceppi ancora presenti nei vigneti e, con il supporto dell’Università di Torino, hanno avviato ricerche che ne hanno confermato l’unicità come vitigno autoctono delle Langhe. Il percorso di valorizzazione ha portato nel 2010 al riconoscimento della Doc (Denominazione di origine controllata) Langhe Nascetta, con una sottozona specifica nel comune di Novello.
Oggi la Nascetta è al centro di un progetto di tutela e promozione guidato in particolare dall’associazione Indigenous Langa, che riunisce 21 produttori. L’obiettivo è far conoscere il potenziale di questo vino, così che anche le Langhe possano pregiarsi di avere un loro vino bianco autoctono, come l’Arneis per il vicino Roero.
Definire la Nascetta un vitigno “facile” sarebbe un errore. Il suo carattere ribelle la rende un’uva complessa da coltivare: alterna annate generose ad altre scarse, i suoi tralci sono molli e difficili da gestire, e la produzione non è mai costante. Ma chi la lavora con pazienza e dedizione ne viene ripagato con un vino dal profilo aromatico (anzi, semi-aromatico) unico.
A maturazione, la Nascetta si presenta dorata e luminosa, con una croccantezza e un’aromaticità che ricordano il Riesling. La sua versatilità in cantina è notevole: può essere vinificata in acciaio per esaltarne la purezza, affinata in legno per una maggiore complessità o addirittura macerata sulle bucce per ottenere note ossidative e profonde.
I numeri della Nascetta restano limitati rispetto ai grandi rossi delle Langhe. Complessivamente, nell’area si producono circa 250mila bottiglie di Nascetta, distribuite tra 50 produttori, mentre il Barolo supera i 15 milioni. Tra i produttori più impegnati nella valorizzazione della Nascetta c’è la cantina di Anna Maria Abbona, che a Monforte d’Alba lavora il vitigno con una filosofia di purezza: fermentazione in acciaio, senza bucce, per esaltarne le caratteristiche essenziali. Altri produttori, invece, sperimentano con macerazioni, legni e spumantizzazione, dimostrando la poliedricità di questo vitigno.
Un bell’esempio da questo versante arriva dall’azienda Rivetto, che sulle colline di Sinio ha abbracciato la biodinamica e sta studiando come adattare la Nascetta alle nuove condizioni climatiche. La vinificazione sperimentale prevede diverse tecniche, dalla macerazione sulle bucce al bâtonnage sui lieviti, per ottenere vini che combinano struttura e freschezza.
Anche la Nascetta, come tutte le varietà coltivate nelle Langhe, sta affrontando gli effetti dei cambiamenti climatici. Se un tempo l’esposizione sud era ideale, oggi i vigneti si spostano verso altitudini maggiori e posizioni più fresche per mantenere equilibrio e acidità. Un approccio simile a quello adottato per il Riesling, con cui la Nascetta condivide alcune affinità.
Il percorso della Nascetta è ancora in evoluzione, ma il suo potenziale è innegabile. Questo bianco delle Langhe, con la sua personalità e la sua capacità di raccontare il territorio, potrebbe ritagliarsi uno spazio sempre più importante nel panorama enologico piemontese. La sfida è farlo conoscere e apprezzare, valorizzandone la storia, la biodiversità e il lavoro appassionato di chi continua a credere nel suo futuro.
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