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Studio dell’Università di Trento rivela che l’Imidacloprid, uno degli insetticidi più utilizzati, è in grado di provocare seri danni alle api.
Arriva un’ulteriore conferma della pericolosità dei pesticidi nei confronti delle api e della biodiversità in generale. Aspettando le nuove considerazioni da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, che dovrebbe pronunciarsi sui principali insetticidi oggi impiegati entro i primi mesi del 2017, oggi uno studio pubblicato su Scientific Reports conferma: i neonicotinoidi e in particolare l’Imidacloprid, sono pericolosi per la salute delle api. Anche a bassissimo dosaggio.
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Lo studio condotto dal Laboratorio di Neurofisica dell’Università di Trento, indaga gli effetti che il pesticida più utilizzato al mondo avrebbe a livello neurologico sugli insetti impollinatori.
Che i pesticidi avessero degli effetti deleteri sulla salute delle api è noto da tempo. Ma ora, grazie anche agli studi condotti dal CIMeC e dal Dipartimento di Fisica di Trento, si è potuto constatare come questi interagiscano con il sistema nervoso degli insetti, nell’ambito della memoria, dell’orientamento e, per la prima volta, la perdita dell’olfatto.
“I principi attivi di questo tipo di pesticidi sono altamente neurotossici: si legano ai recettori della nicotina nelle sinapsi e bloccano il trasporto delle informazioni a livello cerebrale”, ha dichiarato Albrecht Haase del CIMeC in una nota stampa. “Il nostro studio dimostra che i danni si rilevano non soltanto nelle funzioni avanzate, più sofisticate, del cervello delle api, ma anche in quelle di base, fondamentali, come l’olfatto”.
Ciò che si sta osservando negli anni è che, nonostante l’utilizzo di questi pesticidi sia vietato durante alcuni periodi dell’anno, i suoi effetti continuano a sentirsi sulle popolazioni delle bottinatrici. Ciò significa che la sostanza resta nell’ambiente anche dopo molti mesi e va a impedire la comunicazione tra gli insetti.
“Un canale di comunicazione importante tra le api avviene infatti per via chimica, attraverso i feromoni”, continua il ricercatore. “Cambiamenti anche molto piccoli legati alla riduzione dell’olfatto possono compromettere seriamente la vita di un alveare perché si riflettono sulla sua organizzazione sociale e sulla capacità riproduttiva della colonia. Ad esempio, se l’informazione sulla malattia dell’ape regina non arriva correttamente alla colonia, le api non avvieranno i meccanismi che stanno alla base della produzione di nuove regine e l’alveare sarà destinato al collasso”.
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