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La “carbon neutrality” verrà raggiunta in Norvegia entro il 2030, ovvero venti anni prima rispetto a quanto previsto inizialmente.
La Norvegia è pronta ad azzerare totalmente il proprio impatto ambientale in termini di emissioni di gas a effetto serra. Il parlamento della nazione europea ha infatti approvato un piano che permetterà di ottenere la “carbon neutrality” venti anni prima del previsto, ovvero nel 2030 e non più nel 2050. In altre parole, l’obiettivo che si è prefissato il paese nord-europeo è di portare a zero il bilancio netto delle proprie emissioni nocive per l’ambiente.
Malgrado infatti le reticenze del governo di destra – che risulta tuttavia in minoranza nell’assemblea parlamentare – i deputati norvegesi hanno adottato con cinquantaquattro voti favorevoli e quarantasette contrari il piano di azione ecologico, giudicato una conseguenza diretta dell’Accordo di Parigi raggiunto al termine della Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, Cop 21, nello scorso mese di dicembre.
Va detto però che la nazione scandinava resta ancora oggi uno dei principali esportatori mondiali di petrolio. E che la sua produzione di energia è già oggi garantita quasi totalmente dall’idroelettrico. Ciò significa che il margine di manovra per ridurre le emissioni di gas a effetto serra è particolarmente stretto: per questo il governo di Oslo dovrà ricorrere in modo massiccio all’acquisto di crediti compensatori sul mercato Ets.
L’esecutivo norvegese non ha accolto la decisione con favore: “Il costo legato a questa accelerazione potrebbe essere pari a 20 miliardi di corone, ovvero 3,2 miliardi di euro, all’anno”, ha dichiarato il ministro dell’Ambiente Vidar Helgesen, secondo quanto riportato dall’agenzia Afp. “La cifra non sarebbe più bassa se aspettassimo che le conseguenze dei cambiamenti climatici si abbattano sul nostro paese”, ha replicato un leader dei laburisti.
Secondo questi ultimi, inoltre, occorreva un cambiamento di rotta sostanziale, tenuto conto che, nel 2015, le emissioni di gas climalteranti della Norvegia sono cresciute dell‘1,5 per cento rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 53,9 milioni di tonnellate equivalenti di CO2. Ciò soprattutto a causa dello sfruttamento di un nuovo giacimento petrolifero.
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