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In Olanda una fattoria produce uova a basso impatto ambientale
Si chiama Kipster ed è un progetto che propone una forma di allevamento della galline con ampi spazi per farle circolare, mangimi ricavati dagli scarti di panetterie e pasticcerie e pannelli solari installati sul tetto della struttura. In questo modo si riducono i costi, ma si ottiene un prodotto di qualità che rispetta il benessere animale e l’ambiente.
Non è un allevamento biologico perché non risponde a tutti i requisiti richiesti per la certificazione, ma il nuovo progetto di Kipster, in Olanda, sostiene di garantire ugualmente il benessere delle galline e la salvaguardia dell’ambiente tanto da definirsi la fattoria avicola “più rispettosa dell’animale ed ecologica al mondo” e di produrre le prime uova carbon neutral.
Né intensivo, né bio: un’altra via di allevamento
L’idea alla base di Kipster, ce la racconta il giornale inglese The Guardian. Tutto inizia da una riflessione dei fondatori del progetto sulle principali tipologie di allevamento: se produrre le uova in batteria è economico, ma non garantisce il benessere degli animali, non è sostenibile per l’ambiente e spesso causa rischi anche per la salute umana (vedi la contaminazione recente di fipronil), le uova biologiche di galline ruspanti garantiscono sì migliori condizioni agli animali, ma non risolvono il problema di competizione per il cibo tra l’uomo e gli animali (competizione che esiste anche per le uova in batteria) dal momento che per nutrire le galline si utilizzano mangimi a base di cereali importati che potrebbero invece sfamare gli esseri umani.
“Non ha senso per noi essere in competizione con gli animali per il cibo. E il 70 per cento delle emissioni di CO2 generate dalla produzione delle uova è rappresentata dal mangime per i polli”, dichiara l’azienda.
La fattoria olandese, che si trova nei pressi della città sud-orientale di Venray, ha scelto allora una terza via.
Uova di qualità a basso costo (anche per l’ambiente)
L’allevamento garantisce migliori standard di benessere per le galline, che sono stati certificati dall’associazione animalista Animals Awake, e il minor costo ambientale possibile, verificato dall’Università di Wageningen. Come fa? Gli animali hanno ampi spazi esterni in cui circolare per la maggior parte della giornata, ma la vera novità è che le galline vengono nutrite recuperando i cosiddetti “flussi residui” della zona, ovvero gli scarti come il pane e i sottoprodotti agricoli rimasti. Infine, molta dell’elettricità utilizzata dalla fattoria viene prodotta attraverso i pannelli solari presenti in azienda. Tutto questo permette di produrre uova di qualità contenendo i prezzi, senza ricorrere all’allevamento intensivo (le uova di Kipster sono vendute alla Lidl olandese). Con un ridotto impatto ambientale della produzione.
E se gli scarti fossero bio?
Il progetto Kipster è certamente valido dal punto di vista ambientale, ma forse si potrebbe fare un ulteriore passo avanti integrando l’alimentazione delle ovaiole (che deve essere equilibrata e corretta per il loro stesso benessere) con scarti di maggiore qualità, provenienti dalla filiera biologica e dunque privi di additivi ed eventuali residui chimici (e meno impattanti per l’ambiente). Scrive l’azienda sul proprio sito web: “Perché non utilizziamo flussi residui biologici? Ciò non è fattibile perché i flussi non sono sufficientemente separati. Questo è il motivo per cui non siamo organici”. Certo è che per avere grandi quantità di scarti utilizzabili, anche il consumo di prodotti biologici dovrebbe aumentare e diventare sempre più una scelta virtuosa da parte di consumatori consapevoli dei suoi vantaggi.
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