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Olio vergine spacciato per extravergine: alcune grandi aziende italiane sono finite al centro di un’inchiesta della procura di Torino. La biologa Elga Baviera ci spiega come riconoscerne l’autenticità.
Frode in commercio. È questo il reato che il pm Raffaele Guariniello, della procura di Torino, contesta ai rappresentanti legali di una decina di aziende del settore, iscritti sul registro degli indagati. Si tratterebbe di Carapelli, Bertolli, Santa Sabina, Coricelli, Sasso, Primadonna e Antica Badia.
Oli prodotti in Abruzzo, Liguria e Toscana, messi in commercio come extravergini ma risultati oli vergini, fatti con una materia prima che costa il 30 per cento in meno e che non ha le stesse caratteristiche organolettiche dell’extravergine. Quest’ultimo non contiene più dello 0,8 per cento in peso d’acido oleico; l’olio vergine d’oliva, invece, ha un grado di acidità più elevato, fino al 2 per cento in peso di acido oleico. L’acidità nell’olio aumenta quando le olive sono danneggiate o infestate da insetti oppure quando vengono lavorate dopo alcuni giorni dalla raccolta. L’olio con acidità bassa è considerato il prodotto migliore da utilizzare, ottenuto da olive sane. In una parola extravergine.
Il procuratore Raffaele Guariniello ha fatto partire l’indagine a seguito della segnalazione di un periodico specializzato facendo prelevare dai carabinieri dei Nas di Torino alcune bottiglie campione nei supermercati torinesi. Da qui la scoperta delle frodi.
“La maggior parte delle frodi che riguardano l’olio extravergine d’oliva comportano manipolazioni illecite che ne alterano la genuinità e l’esatta classificazione”, spiega la biologa Elga Baviera, esperta in sicurezza degli alimenti. “Ad esempio l’aggiunta di oli raffinati o di sansa, di oli di semi ad oli extravergini con formazione di composti che normalmente non sarebbero presenti e che solo i metodi analitici sono in grado di rilevare. Senza considerare poi il fenomeno della triangolazione, ossia di quegli oli extracomunitari di varia origine che sbarcano sulle nostre coste ‘trasformandosi’ in oli extravergini d’oliva italiani”.
L’analisi sensoriale
“Naturalmente esistono in commercio diverse tipologie di oli d’oliva, il migliore è l’extravergine ottenuto unicamente dalle olive per procedimento meccanico, con un’acidità massima dello 0,8 per cento”, continua Baviera. “Pertanto è importante verificare che in etichetta sia scritto ‘ottenuto solo con procedimenti meccanici’. È importante imparare ad assaggiare, gustare, annusare il prodotto. Ad esempio il profumo fruttato è tipico di un olio ottenuto da frutti sani, verdi o maturi; il caratteristico sapore amaro, percepito nella parte posteriore della lingua, deriva da olive verdi, mentre la sensazione di piccante percepita in tutta la bocca è originata da olive verdi raccolte ad inizio campagna. Tra le caratteristiche negative abbiamo invece il sapore di rancido dovuto a processi di ossidazione e quindi di degradazione, quello metallico dovuto ad un prolungato contatto con superfici metalliche, quello di terra da olive raccolte da terra e non lavate, di legno umido tipico di olive che hanno subito una gelata, ed altro ancora. Il colore non è invece indicativo della qualità: gli oli buoni vanno dal verde vivace al giallo paglierino”.
Cosa è possibile fare per tutelarsi?
“Quando acquistiamo prodotti sfusi instauriamo un rapporto di fiducia con il fornitore, possibilmente acquistiamo l’olio in contenitori metallici e chiusi ermeticamente o in bottiglie di vetro scuro. Il gusto e l’aroma infatti iniziano a deteriorarsi dopo l’estrazione per cui se non è conservato al fresco e al buio l’olio può alterarsi velocemente. Acquistiamo da aziende serie con marchi riconoscibili e controlliamo sempre il rapporto qualità/prezzo. Diffidiamo delle super offerte, potrebbero nascondere tecniche illegali di lavorazione. Ancora, importante è leggere attentamente le etichette, la dicitura ‘confezionato in Italia’ o ‘imbottigliato in Italia’ non è sinonimo di un olio prodotto in Italia per cui verifichiamo sempre il luogo di produzione.
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Per scegliere l’extravergine il consumatore è chiamato a fare uno sforzo in più: le informazioni sulla qualità dell’olio, infatti, sono racchiuse nella bottiglia, più che esposte in etichetta. Sono dati olfattivi e gustativi veicolati dall’assaggio che dicono molto sulla sua identità.
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