Alberto II di Monaco al Festival per la Terra. Il principato azzererà le sue emissioni entro il 2050

Dal Festival per la Terra di Venezia, il principe Alberto II di Monaco spiega l’impegno del Principato nei confronti dei cambiamenti climatici e delle iniziative per ridurre la plastica in mare.

Appoggio incondizionato alla scienza. Un appello al mondo politico perché ponga in cima alle priorità la lotta ai cambiamenti climatici. E infine l’arte come strumento per comunicare temi quantomai complessi a tutta la società. La stessa società che subirà l’aumento delle temperature e il cambiamento del clima. È questa in pochissime righe la terza edizione del Festival per la Terra, inaugurata nelle aule dell’università Ca’ Foscari di Venezia dal principe Alberto II di Monaco e dal vicepresidente dell’Ipcc (Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) Youba Sokona. Una due giorni che ha visto arte e scienza dialogare insieme per costruire un futuro più sostenibile. Organizzato dall’università Ca’ Foscari e dal MrB Art, in collaborazione con la Prince Albert II Foundation e il Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc), ha visto succedersi oltre 20 esperti provenienti dal mondo dei media, della politica, dell’arte e della tecnologia, che si sono confrontati sulle strategie di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, in vista della Cop 24 che si sta tenendo in questi giorni a Katowice, in Polonia.

principe alberto II di monaco
Il principe Alberto II di Monaco durante l’inaugurazione del festival © For

Non poteva che essere Venezia a ospitare una tale iniziativa, una città che è già un triste simbolo dei cambiamenti climatici. La cerimonia d’apertura ha visto anche la partecipazione del climatologo australiano Nigel Tapper, che ha mostrato i risultati di svariati studi incentrati sulla mitigazione dei cambiamenti climatici nelle città, avvertendo che “entro il 2050, 1,6 miliardi di abitanti in più di 970 città dovranno affrontare temperature medie giornaliere che supereranno i 35 gradi”. Il Festival delle Terra è stata anche l’occasione di incontrare il principe Alberto II di Monaco, e per farci raccontare come il piccolo principato sta lavorando su mitigazione e adattamento.

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La Cop 24 è cominciata, un appuntamento fondamentale per quanto riguarda le future politiche climatiche. Il mondo scientifico ci sta dicendo da tempo che il tempo sta per scadere. Qual è l’appello che si sente di fare in questo momento così delicato per il nostro futuro?
La situazione non è certo delle migliori, data anche dal fatto che molte nazioni non stanno rispettando gli accordi presi a Parigi. Come molti paesi europei che non sono in linea con i target che servirebbero per il taglio delle emissioni. Siamo di fronte a una situazione allarmante, anche perché ci sono Paesi come gli Stati Uniti che vorrebbero uscire, o il Brasile che vorrebbe rimodulare gli impegni. Non si tratta solo di intenzioni politiche, ma di dotarci di meccanismi necessari in modo tale che le diverse parti interessate si impegnino maggiormente. Probabilmente è più facile per le nazioni più piccole, come il Principato di Monaco: abbiamo infatti firmato un impegno tra i vari dipartimenti del governo, della società civile e dell’imprenditoria monegasche, per ridurre le nostre emissioni. Oggi più del 97 per cento delle aziende monegasche hanno firmato un accordo per la transizione energetica e per ridurre la CO2. Inoltre abbiamo già raggiunto la riduzione di oltre 20 per cento delle emissioni e siamo sulla buona strada per essere una nazione a zero emissioni entro il 2050.

Il principe Alberto II di Monaco e il vice presidente dell'Ipcc Youba Sokona © For
Il principe Alberto II di Monaco e il vice presidente dell’Ipcc Youba Sokona © For

Si tratta però di cambiare modello, a tutti i livelli della società.
Sì, sarà questa la parte più difficile. Però non si tratta di tornare a prima della rivoluzione industriale, ma significa implementare nuovi soluzioni, passo passo. Dobbiamo iniziare ad agire e pensare ad un modello più sostenibile. Ci dovranno essere grossi investimenti sopratutto per le nazioni in via di sviluppo.

Il suo impegno per l’ambiente inizia molti anni fa, quando è nato il concetto stesso di “sviluppo sostenibile”. Oggi più che mai, questioni come l’inquinamento della plastica negli oceani hanno raggiunto livelli record. Qual è il suo impegno per ridurre o risolvere questo problema?
Si tratta di un problema enorme, che la fondazione segue da tempo. Se n’è parlato anche nell’ultima conferenza tenutasi a Bali: qui grossi gruppi industriali si sono impegnati pubblicamente per rendere i loro prodotti in plastica riutilizzabili, riciclabili o compostabili. Si tratta di una dichiarazione pubblica estremamente importante. Ciò significa che non solo l’opinione pubblica è preoccupata da questa situazione, ma che anche il settore industriale conosce il problema e che sta lavorando per trovare una soluzione.

Mentre per quanto riguarda il Principato di Monaco? Quali politiche avete messo in atto?
Abbiamo vietato le buste di plastica monouso già due anni fa, mentre molti hotel e ristoranti si sono impegnati ad eliminare le cannucce di plastica entro il 2020. Stiamo lavorando per implementare il riciclo dei rifiuti: non abbiamo impianti, ma stiamo studiando nuove soluzioni per gestire al meglio i rifiuti, tra cui la raccolta e il riciclaggio della plastica. Con la nostra fondazione collaboriamo inoltre col Beyond Plastic Med, iniziativa che lavora per ridurre la plastica negli oceani, dando loro supporto e creare una rete di associazioni attive nel bacino del Mediterraneo per raccogliere, pulire, e fare progetti di educazione ambientale. Si tratta di un progetto legato al mar Mediterraneo ma che potrebbe essere esportato ovunque.

In tutto il mondo si moltiplicano iniziative e progetti che hanno l’obiettivo di ripulire gli oceani dalla plastica. Uno di questi è il LifeGate PlasticLess, che prevede di contribuire alla diminuzione dell’inquinamento nei porti italiani attraverso la raccolta dei rifiuti plastici nelle acque dei porti e nei circoli nautici. Crede che potrebbe essere avviato anche nel Principato di Monaco?
Sì, potrebbe essere. Conosco molte di queste iniziative e ognuna di queste, se funzionano bene, potrebbero essere adottate a Monaco, come da molte altre città che sorgono sul mare. Durante i miei viaggi non ho ancora visto una spiaggia che non abbia il problema della plastica abbandonata. Siamo di fronte ad una situazione molto seria.

La sua fondazione è impegnata su più fronti. Quale ritiene sia il più importante?
La fondazione è molto impegnata nello studio dei cambiamenti climatici, nella protezione della biodiversità, sulla promozione delle energie rinnovabili e sulla mobilità sostenibile. E sopratutto sull’accesso all’acqua e la lotta contro la deforestazione. Ma già dieci anni fa a Monaco abbiamo raccolto più di 50 scienziati per implementare gli studi sull’acidificazione degli oceani, tema strettamente legato ai cambiamenti climatici. Una dichiarazione firmata con l’impegno di fare più ricerca sugli oceani.

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