Acqua

Eventi meteo estremi. Come le città si preparano ad affrontarli

Il 2016 è stato l’anno più caldo mai registrato a livello globale. Uno dei segnali che testimoniano come il clima stia cambiando in tutto il pianeta. E ogni area geografica risponderà in maniera diversa a questi cambiamenti, dovendo affrontare siccità, alluvioni, o le cosiddette “bombe d’acqua”. Sono numerosi gli studi scientifici che hanno dimostrato come

Il 2016 è stato l’anno più caldo mai registrato a livello globale. Uno dei segnali che testimoniano come il clima stia cambiando in tutto il pianeta. E ogni area geografica risponderà in maniera diversa a questi cambiamenti, dovendo affrontare siccità, alluvioni, o le cosiddette “bombe d’acqua”. Sono numerosi gli studi scientifici che hanno dimostrato come ci sia una correlazione tra eventi estremi e cambiamenti climatici. “Dal 2000 ad oggi è un rincorrersi di record. La temperatura sta aumentando di pari passo all’aumento della concentrazione di CO2. Ciò che preoccupa è che questo è stato un anno di temperature eccezionali”, ha dichiarato Gianmaria Sannino, responsabile del laboratorio di modellistica climatica dell’Enea, commentando gli ultimi dati.

eventi meteo estremi
Una strada chiusa al traffico a causa di un’alluvione. Foto via Jason O’Brien/Getty Images.

Nella lista delle aree più vulnerabili c’è anche il Mediterraneo, che subirà danni consistenti. Non solo a livello ambientale, ma anche a livello sociale ed economico: turismo, agricoltura, industria. Tutti settori potenzialmente a rischio.

Siccità e alluvioni, le città prese di mira

Gli ultimi anni hanno visto intensificarsi gli eventi meteo estremi nel nostro Paese, già abbondantemente ferito dal dissesto idrogeologico. Oggi si stima che siano 6.633 i Comuni italiani presenti in aree a rischio. Secondo il Crea (Consiglio di ricerca per l’agricoltura e l’economia agraria) il 2015 è stato un anno che ha visto frane e alluvioni ripetersi lungo tutto il territorio nazionale, causando 18 vittime, 1 disperso e 25 feriti e 3.694 persone evacuate o senzatetto. Ferite che non causano solo danni o vittime, ma che colpiscono duramente settori come l’agricoltura: Coldiretti stima che, nel periodo tra il 2003 e il 2012, tali eventi abbiano procurato danni alla produzione agricola, alle strutture e alle infrastrutture, per 14 miliardi di euro.

E saranno le aree densamente popolate e quelle che più hanno subito la cementificazione e l’impermeabilizzazione del territorio, le più vulnerabili nel prossimo futuro. “È sempre più evidente come l’infrastruttura idrica e idraulica urbana sia strettamente collegata, oltre che alla qualità e quantità dell’acqua, anche alla protezione dalle alluvioni”, scrive Michele Falcone, direttore generale di Cap Holding, nel libro “Le metropoli e l’acqua”, edito da Guerini e Associati (pag. 19). “Le città dipendono dal territorio che le circonda, sul quale peraltro impattano”.

Oggi almeno 7 milioni di cittadini risiedono in zone esposte al pericolo di frane o alluvioni (dati Legambiente). In 1.074 Comuni esistono edifici costruiti in aree a rischio. Nel 31 per cento dei casi si tratta di interi quartieri, mentre nel 51 per cento di impianti industriali.

Interventi di completamento della rete fognaria comunale, realizzati con l’obiettivo di eliminare gli scarichi diretti nel fiume Lambro, per evitare le sanzioni della comunità europea e salvaguardare la qualità del fiume e dell’ambiente. 2 milioni di investimento. © Gruppo Cap
Interventi di completamento della rete fognaria comunale, realizzati con l’obiettivo di eliminare gli scarichi diretti nel fiume Lambro, per evitare le sanzioni della comunità europea e salvaguardare la qualità del fiume e dell’ambiente. 2 milioni di investimento. © Gruppo Cap

Come gestire gli eventi meteo estremi nelle aree urbane. Il caso di Milano

In un contesto fortemente urbanizzato, la pianificazione territoriale rimane un punto nodale nella gestione degli eventi meteorologici estremi. È il caso del territorio in cui si trova ad operare il gestore del servizio idrico integrato Gruppo Cap che, con il progetto Flood Hide, sta studiando il metodo per recuperare il reticolo idrico rurale e sfruttarlo per smaltire l’eccesso di acqua. Si tratta di una sorta di antico sistema circolatorio che metteva in comunicazione le aree urbane con quelle agricole e permetteva loro di vivere quasi in simbiosi, con uno scambio costante di risorse naturali, come acqua e nutrienti. Reticoli che, nella smodata crescita urbana e con la cementificazione del suolo, hanno perso il ruolo per il quale erano stati concepiti, ma che oggi potrebbero trovare nuovi impieghi.

“La possibilità di ricevere, da parte del territorio rurale, un surplus di deflusso proveniente dalle aree urbanizzate dipende essenzialmente dalla sua capacità di invasare temporaneamente e far defluire gradualmente i volumi in surplus”, scrive il professor Gian Battista Bischetti, associato nel settore idraulica Agraria e Sistemazioni Idraulico-Forestali dell’Università di Milano, nel testo “Le metropoli e l’acqua” (pag. 104). Il progetto ha già visto completata la prima fase di individuazione di alcune aree, una a ovest e una ad est del capoluogo lombardo, in grado di assolvere questo delicato compito: boschi, aree con suoli drenanti, aree con seminativi in successione saranno quelle con il maggiore grado di ricettività.

Le water square realizzate a Rotterdam.
Le water square realizzate a Rotterdam.

L’acqua e le metropoli europee

C’è una forte sinergia tra le città europee. Uno scambio di buone pratiche che permette a città come Milano, Barcellona, Rotterdam, di fare rete e di mettere in atto quella resilienza che servirà per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, anche sulla rete idrica. Come il caso del capoluogo della Catalogna, che con i suoi 1,6 milioni di abitanti è una delle città più popolose della Spagna. L’amministrazione cittadina, dopo le numerose alluvioni degli anni scorsi, ha deciso di intervenire strutturalmente, realizzando opere idrauliche ex-novo. Un lavoro iniziato alla fine degli anni ’90 e che ha permesso alla città di costruire 15 vasche di prima pioggia, con una capacità di 477mila metri cubi di stoccaggio (fonte: Le metropoli e l’acqua, pag. 118). Si tratta di invasi capaci di ridurre gli allagamenti e i casi di contaminazione tra le acque piovane e quelle della rete fognaria. Rotterdam ha invece puntato sulla progettazione di veri e proprio spazi urbani, capaci di trasformarsi in caso di eventi meteo estremi. È il caso delle “water square”, le piazze d’acqua. Durante le precipitazioni più intense, raccolgono l’acqua in eccesso, mentre nei periodi più siccitosi procurano l’acqua per il verde pubblico. In questo modo l’intera rete idrica urbana riesce a sopportare la pressione causata dalle acque meteoriche.

Metropoli e campagne, corsi d’acqua e rete idrica ed idraulica, potranno affrontare i cambiamenti climatici e raggiungere la sostenibilità idrica soltanto grazie alla pianificazione territoriale e agli investimenti volti alla riduzione e al recupero delle risorse. E in molte città il cambiamento è già in atto.

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