Giovani attivisti

Thomas Lesage. Il giovane attivista che gira le scuole per insegnare ai più giovani come proteggere gli oceani

Sta accadendo in tutto il mondo: sono sempre più numerosi i giovani attivisti impegnati nel creare consapevolezza tra i propri coetanei, e non solo. Sta crescendo una generazione informata, attenta, attiva e in grado di giudicare con consapevolezza tutto ciò che gli adulti non sono stati in grado di fare finora. E questo non fa

Sta accadendo in tutto il mondo: sono sempre più numerosi i giovani attivisti impegnati nel creare consapevolezza tra i propri coetanei, e non solo. Sta crescendo una generazione informata, attenta, attiva e in grado di giudicare con consapevolezza tutto ciò che gli adulti non sono stati in grado di fare finora. E questo non fa che acuire quel barlume di speranza che ancora resta acceso, nonostante ormai l’eccessiva anidride carbonica ne stia soffocando la fiamma. Thomas Lesage, 16 anni, ha fondato pochi anni fa Children4Oceans, una noprofit che vuole sensibilizzare le giovani generazioni sullo stato degli oceani e sul loro ruolo fondamentale nell’assorbimento della CO2 atmosferica. Ad Helsinki, durante l’European Space Week, è stato uno degli ospiti più giovani a salire sul palco.

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Thomas Lesage fondatore di Children for Oceans durante l’European space week © LifeGate

Thomas Lesage, il ragazzo che ha preso per mano un’intera generazione

Sei sempre stato interessato ai cambiamenti climatici o agli oceani? Insomma molti dei tuoi coetanei preferiscono stare su Tik Tok o postare video su Youtube. Perché tu no?
Nel momento in cui ho realizzato che come società abbiamo un impatto sul clima e sugli oceani, come l’inquinamento da plastica e la sovrapesca e che gli oceani stanno soffrendo, allora mi sono preoccupato. Avevo circa 12 anni. Da settembre 2018 a gennaio 2019 ho veleggiato attraverso l’Atlantico partendo da Amsterdam, passando per Africa, Napoli e Brasile. È durante questo viaggio che ho deciso di fondare Children4Oceans. Volevo che questo viaggio fosse l’inizio di qualcosa. Per creare una comunità internazionale di giovani ambasciatori che si impegnino a fare qualcosa per gli oceani. Durante le tappe andavo nelle scuole a parlare con i ragazzi dai nove ai dodici anni discutendo delle possibili soluzioni e azioni quotidiane che possiamo fare per proteggere gli oceani.

Quali sono le soluzioni oggi disponibili? E cosa hai suggerito ai ragazzi?
I nostri oceani sono sotto pressione sotto molti punti di vista, ma mi sto concentrando sui tre che ritengo più problematici, come l’acidificazione, l’inquinamento da plastica e la sovrapesca. Propongo soluzioni che siano semplici e acessibili ai più giovani, come usare i trasporti publbici, la bicicletta o consumare di meno, per ridurre le emissioni di CO2: gli oceani sono i maggiori serbatoi di anidride carbonica del pianeta. Per quanto riguarda la pesca, la soluzione più acessibile è quella di acquistare in maniera responsabile, non le specie in crisi. Di non usare plastica usa e getta e cercare di acquistare materiali riutilizzabili.

C’è qualcosa in particolare che ti rende ottimista rispetto al futuro? La stessa Greta Thunberg ha spesso affermato che ci si può sentire sopraffatti, e che può sembrare che ogni sforzo non sia sufficiente.
Se pensi di andare a scuola a parlare ai bambini di nove anni e dire loro che non c’è soluzione, allora non serve a nulla. Se invece si mostra loro che sì, abbiamo un problema, ma che ci sono anche soluzioni, allora può funzionare. Non puoi insegnare alle nuove generazioni senza lasciare loro un messaggio. Ciò che cerco di fare è che ogni incontro sia pieno di speranza.

Secondo te perché una certa parte di adulti risponde in maniera così emotiva, spesso negando il problema?
Perché hanno – e abbiamo – un’enorme responsabilità, nonostante non vogliano ammetterlo. Certo potremmo anche continuare a vivere così, ma gli impatti sono sotto gli occhi di tutti. Pensando anche all’esempio di Greta Thunberg, spesso avere una persona così giovane capace di unire i puntini li fa sentire deboli, e vulnerabili. Ma non si tratta solo di additare e criticare per la mancanza di azione. Credo più nel dialogo.

Negli ultimi tempi hai girato molto e vieni invitato ad eventi come questo, dove sono presenti molti amministratori, decisori, rappresentanti delle istituzioni. Pensi ti prendano veramente sul serio o che dimostrino interesse per poi tornare a fare business as usual?
In tutto il mondo sta crescendo la consapevolezza nei confronti di questo tema, penso ad esempio a tutti i movimenti studenteschi. E questo non si può più ignorare. Durante i miei interventi non cerco di dire cosa deve essere fatto, piuttosto chiedo più ascolto da parte loro. Credo che quando parliamo con la politica dobbiamo cercare di avere un approccio più delicato, altrimenti non veniamo ascoltati. Abbiamo bisogno di tutti i differenti modi di dialogare con loro.

Negli ultimi tempi anche si è registrato un aumento dei casi di eco-ansia, un disturbo psicofisico relativamente recente, che colpisce sopratutto le generazioni più giovani, come la tua. Cosa ne pensi?
Penso che sia triste ciò che sta accadendo. E questo perché i nostri leader parlano molto ma non stanno facendo molto a riguardo. Per questo questi ragazzi stanno perdendo la speranza. Ma il giorno in cui si faranno reali progressi per risolvere la crisi climatica, la perdita di biodiversità, allora potremo avere ancora speranza. Oggi si parla ancora molto e per questo dobbiamo agire come comunità e avere regole restrittive per fermare tutto questo.

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