Ungheria, come Viktor Orban sta uccidendo la stampa libera

Da anni il presidente dell’Ungheria Orban porta avanti una guerra personale contro i media liberi. Dopo la sua rielezione, ha chiuso lo storico Magyar Nemzet.

La nuova vittoria di Viktor Orban alle elezioni presidenziali in Ungheria rischia di rappresentare la fine dell’informazione di opposizione nel paese europea. A soli due giorni dalla conferma del leader ultra-conservatore alla guida della propria nazione, i redattori dello storico quotidiano Magyar Nemzet (“Nazione ungherese”) hanno scattato un’ultima fotografia di gruppo, dopo aver saputo dell’imminente chiusura della loro testata.

Chiudono il quotidiano Magyar Nemzet e la radio Lanchid

La prospettiva di un terzo mandato consecutivo di Orban al potere ha convinto il proprietario del giornale, l’oligarca Lajos Simicska a gettare la spugna. Dopo il Nemzet, anche altri media in mano al suo gruppo faranno la stessa fine. Ufficialmente, il magnate – nemico giurato del presidente – ha parlato di “problemi finanziari”. Ma agli occhi di tutti è difficile immaginare che la chiusura dei battenti possa non essere legata alle inchieste condotte durante la campagna elettorale su presunti casi di corruzione del partito di Orban, il Fidesz (Unione civica ungherese).

Orban a colloquio con i giornalisti a Budapest © Laszlo Balogh/Getty Images

Simicska ha annunciato che anche la radio Lanchid interromperà le trasmissioni, mentre il settimanale Heti Valasz verrà venduto. Secondo quanto riferito dal quotidiano francese Le Monde, un giornalista del Nemzet ha affermato che un giovane deputato del partito Lmp (gli ecologisti ungheresi), avrebbe depositato un’offerta per acquistare le tre testate. Da parte dell’attuale proprietà, tuttavia, per ora non trapelano informazioni a riguardo. Ciò che si sa è che soltanto l’emittente televisiva Hir Tv rimarrà di sicuro in vita, ma subirà in ogni caso una profonda ristrutturazione interna.

Nel 2014 il tentativo di tassare la raccolta pubblicitaria dei mezzi d’informazione

Va detto che l’imprenditore è stato un sostenitore della prima ora di Orban: fino al 2015 è stato al suo fianco, anche in qualità di finanziatore del Fidesz. Anche Simicska, dunque, è un conservatore; tuttavia, non ha accettato la guerra dichiarata dal presidente ai giornalisti non allineati: di qui la decisione di passare all’opposizione (e, con lui, anche le sue testate). Fatalità: non appena voltate le spalle ad Orban, l’editore ha perso tutti i contratti pubblici che fino a quel momento gli avevano permesso di colmare i debiti contratti dagli organi d’informazione in suo possesso.

Il presidente ungherese Orban nel corso di una visita di stato in Germania © Sean Gallup/Getty Images

Ma quello dei media di Simicska è solo l’ultimo caso in ordine di tempo. Già nel 2014, giornalisti ed editori avevano protestato duramente contro una pesantissima tassa proposta dall’esecutivo sulla raccolta pubblicitaria di giornali, radio, tv e siti internet. All’epoca, il commissario dell’Unione europea Neelie Kroes aveva sottolineato come la norma andasse a colpire soprattutto il gruppo Rtl, di proprietà della tedesca Bertelsmann: uno dei pochi canali che in Ungheria ancora oggi non sostiene il governo di Orban. Alla fine, l’esecutivo dovette desistere di fronte alle pressioni europee.

In Ungheria Orban ha imposto un Consiglio che “ha trasformato i media in strumenti di propaganda”

Da allora, però, altri giornali hanno chiuso, come nel caso del quotidiano liberale Nepszabadsag, considerato una delle voci più autorevoli dell’opposizione, che non è più in edicola dal 2016. Nello scorso mese di agosto, poi, è stato il turno di numerosi giornali regionali. Inoltre, Budapest ha introdotto nel 2010 un Consiglio per i media deputato al controllo sui mezzi d’informazione, giudicato dall’associazione Reporter senza frontiere “dai poteri sproporzionati” e causa di “un’influenza politica diretta sui contenuti editoriali, che ha trasformato le testate pubbliche in strumenti di propaganda”. Probabilmente non è un caso se nella classifica mondiale della libertà di stampa l’Ungheria non smette di perdere posizioni: nel 2017 è scivolata al 71esimo posto.

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