Quello sporco boulevard di Lou Reed

“Invito tutti ad ascoltare questo disco di filato, come se leggeste un buon libro o guardaste un bel film”, scrive Lou Reed nelle note di copertina di New York, il suo album numero 15.

Anno 1989 – “Invito tutti ad ascoltare questo disco di filato, come se leggeste un buon libro o guardaste un bel film”. Così scrive Lou Reed nelle note di copertina di New York, suo 15esimo album in studio. In 57 minuti, Lou mette insieme 14 canzoni che, con apparente cinismo, raccontano un angolo di mondo dove infelici, repressi, pervertiti, senza tetto e malati di Aids portano avanti con fatica le loro vite complicate. Non c’è né distacco né giudizio ma solo partecipazione adulta: non è il commento a essere importante ma la scelta delle storie narrate che, da sole, descrivono meglio di ogni altra cosa tante drammatiche esistenze.

Delle 14 canzoni di New York ce n’è una, Dirty Boulevard, che diventa il brano emblematico di tutto l’album.

Pedro vive accanto al Windsor Hotel
canta Lou Reed
guarda attraverso una finestra senza il vetro
I muri sono fatti di cartone
fogli di giornale sotto i suoi piedi
Suo padre lo picchia perché è troppo stanco per chiedere l’elemosina
Ha nove tra fratelli e sorelle
cresciuti da soli e sottomessi
È duro correre quando ti colpiscono sulle cosce con una gruccia
Pedro sogna di essere più grande e di uccidere il suo vecchio
ma è poco probabile perché lui si sta dirigendo verso quello sporco boulevard

La musica scarna, basata su tre accordi ripetuti all’infinito, raggiunge il culmine espressivo sul finale: Pedro trova un libro di magia in un bidone della spazzatura, e spera che, contando fino a tre, lui possa scomparire e volare via da quello sporco boulevard.

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