Fukushima, il Giappone vuole versare in mare un milione di tonnellate di acqua radioattiva

Il Giappone non ha più spazio per stoccare l’acqua contaminata della centrale nucleare di Fukushima, così pensa di liberarla in mare.

Il governo giapponese  sta esaurendo lo spazio per immagazzinare l’acqua contaminata di Fukushima che è venuta in contatto con il combustibile sfuggito da tre reattori nucleari dopo la distruzione dell’impianto nel terremoto e nello tsunami del marzo 2011 che ha colpito il Giappone nord-orientale.

E così Tokyo sta pianificando di rilasciare nell’Oceano Pacifico 1,09 milioni di tonnellate di acqua contaminata contenente materiale radioattivo con concentrazioni ben al di sopra dei livelli consentiti dalla legge. La notizia è stata pubblicata sul quotidiano Britannico The Telegraph che ha appreso la notizia da fonti interne al governo giapponese.

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 Fukushima contaminazione in mare
Militari americani puliscono il ponte della nave militare Usa dalle radiazione provenienti dall’acqua contaminata dopo lo tsunami del 2011. © Mass Communication Specialist Seaman Nicholas A. Groesch/U.S. Navy via Getty Images

La paura per un nuovo disastro radioattivo

Il piano per la liberazione di circa 1,09 milioni di tonnellate di acqua – equivalente a 436 piscine olimpioniche e immagazzinata in 900 serbatoi – nel Pacifico ha scatenato una violenta reazione da parte di residenti locali e organizzazioni ambientaliste, nonché gruppi in Corea del Sud e Taiwan che temono che la radioattività del secondo peggior disastro nucleare della storia potrebbe riversarsi sulle loro rive.

Tecnici di Fukushima al lavoro
Lavoratori impegnati nel processo di decontaminazione della centrale di Fukushima © Christopher Furlong/Getty Images

Governo e Tepco sapevano

Nel 2015 il gestore dell’impianto, la Tokyo electric power company (Tepco), ha iniziato, lo sversamento in mare dell’acqua di falda radioattiva. Acqua che, a detta della stessa Tepco, avrebbe dovuto essere filtrata e depurata dal sistema di advanced liquid processing di Hitachi. In base al progetto l’impianto di depurazione avrebbe dovuto rimuovere le sostanze radioattive come lo stronzio e il cesio, ma non il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno.

Secondo quanto rilevato da The Telegraph il sistema di filtrazione di Hitachi non ha mai eliminato gli elementi radioattivi, tra cui iodio, rutenio, rodio, antimonio, tellurio, cobalto e stronzio e sia Tepco sia il governo erano a conoscenza della falla nel sistema di depurazione.

Radiazioni Fukushima
Un contatore Geiger misura la radioattività attorno alla centrale di Fukushima © Christopher Furlong/Getty Images

Livelli radioattivi fuori norma

Il quotidiano regionale “Kahoko Shinpo” ha confermato che da analisi condotte nel 2017 i livelli di iodio 129 e rutenio 106 hanno superato i livelli accettabili in 45 campioni su 84. Lo iodio 129 ha un’emivita di 15,7 milioni di anni e può causare il cancro della tiroide, mentre il rutenio 106 è prodotto dalla fissione nucleare e alte dosi possono essere tossiche e cancerogene se ingerite.

Deposito suolo radioattivo Fukushima
Deposito di suolo radioattivo a seguito dell’incidente alla centrale di Fukushima dopo lo tsunami del 2011 © Christopher Furlong/Getty Images

Le ammissioni di Tepco

Alla fine di settembre Tepco è stata costretta ad ammettere che circa l’80 per cento dell’acqua immagazzinata a Fukushima contiene ancora sostanze radioattive al di sopra dei livelli legali. La società ha dovuto riconoscere che i livelli di stronzio 90 sono oltre i livelli consentiti dalla legge. In 65mila tonnellate di acqua filtrata dal sistema di depurazione advanced liquid processingdi Hitachisono state rilevate concentrazioni di stronzio 100 volte superiori ai livelli stabiliti dal governo nipponico.

Radioattività dal mare all’uomo attraverso la catena alimentare

“È fondamentale confermare con precisione quali radionuclidi sono presenti in ciascuno dei serbatoi e le loro quantità. Finché non sappiamo cosa c’è in ciascun serbatoio per i diversi radionuclidi, è difficile valutare qualsiasi piano per il rilascio dell’acqua e gli impatti previsti sull’oceano”, ha detto Ken Buesseler, un ricercatore di chimica marina dell’Woods Hole Oceanographic Institution degli Stati Uniti.

Gli esperti concordano sul fatto che il pericolo derivante da qualsiasi rilascio dipenda dalle concentrazioni di radionuclidi e dalla successiva contaminazione dei prodotti della pesca.

La presenza di stronzio nelle ossa di piccoli pesci che potrebbero essere consumati dagli esseri umani potrebbe essere una delle maggiori preoccupazioni. Se ingerito dall’uomo, lo stronzio 90 si accumula nei denti e nelle ossa e può causare cancro alle ossa o leucemia.

 

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