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Come i cambiamenti climatici stanno trasformando lo sport, ma soprattutto il destino olimpico di molte atlete e atleti solo per la loro provenienza geografica.
Gli studi da ingegnere e pilota, i 200 giorni nella Stazione spaziale internazionale, i nuovi progetti. Samantha Cristoforetti si racconta al WeWorld Festival.
È una donna di scienza, Samantha Cristoforetti. Va dritta al punto, senza divagare, usando una terminologia comprensibile e mai sopra le righe, anche quando scende nei dettagli tecnici delle spedizioni spaziali internazionali. La platea che la accoglie al WeWorld Festival di Milano, il 25 novembre, è variegata: appassionati di scienza, curiosi, bambini affascinati dalle avventure nello spazio. E lei non delude, dialogando a lungo con Stefano Sandrelli, responsabile della comunicazione dell’Inaf (Istituto nazionale di astrofisica). Una conversazione che prende il via dal racconto della sua carriera (che è appena diventato un libro, Diario di un’apprendista astronauta, edito da La nave di Teseo), per poi riflettere sugli stereotipi di genere, sull’importanza di perseguire i propri sogni, su cosa si impara sulla Terra osservandola dallo spazio.
“Io sono cresciuta fin da piccola col sogno dello spazio, volevo fare l’astronauta prima ancora di sapere cosa volesse dire davvero. Poi crescendo ho sviluppato l’interesse per tante materie, dalla filosofia alla storia alla letteratura, ma ho maturato una predilezione per quelle scientifiche”, esordisce Samantha Cristoforetti. Così, dopo la laurea in Ingegneria aerospaziale a Monaco di Baviera (in Germania), nel 2001 ha iniziato la sua carriera come pilota dell’aeronautica, per poi essere selezionata nel 2009 dall’Esa, l’Agenzia spaziale europea. Un esame estremamente selettivo, iniziato con un lungo questionario a cui Cristoforetti si è dedicata per mesi, limando ripetutamente ogni frase. Questo lavoro certosino ha dato i suoi frutti, visto che al termine dell’iter è risultata tra i migliori 6 su circa 8.500 candidature. L’unica donna di questo ridottissimo gruppo.
Tutte e tre le carriere (ingegnere, pilota e astronauta), solitamente, non vedono una grande rappresentanza femminile. “Questa storia che non sono lavori da donna non la sapevo, se me l’avessero detto magari mi sarei adeguata!”, scherza Cristoforetti. “Forse perché sono cresciuta in un paesino di montagna (Malè, in provincia di Trento, ndr) il che probabilmente ha dei vantaggi, perché non c’erano scienziati (o quantomeno non li conoscevo) quindi non avevo modelli di ruolo, non immaginavo che questa professione fosse associata a un genere e non a un altro. Poi ovviamente quando mi sono iscritta a Ingegneria ho notato che c’erano più uomini, ma questo non mi ha creato chissà quali pensieri o preoccupazioni”.
Era il 23 novembre 2014 quando Cristoforetti ha raggiunto la Stazione spaziale internazionale, dove ha trascorso 200 giorni nell’ambito della missione Futura, che ha raccontato nel suo diario di bordo Avamposto 42. “Lo spazio è un’esperienza particolare per tanti motivi: per l’ambiente in cui ti trovi a operare; perché è l’unico posto in cui ti svegli la mattina, vai a lavarti i denti e hai questa vista magnifica; perché fluttui, il che ha le sue difficoltà ma è anche un po’ come essere al Luna Park tutti i giorni”, racconta. “A me piaceva la manualità del lavoro. Ho fatto una vita di studio, prima davanti ai libri e ora davanti al computer, ma mi piaceva anche riempire la mia borsa degli attrezzi e lavorare di chiave inglese. Questa vita ha le sue difficoltà tecniche, ma siamo addestrati da anni per affrontarle. Per il resto, è organizzata completamente da altri. C’è un’agenda elettronica con una linea rossa che scorre durante la giornata: cerchi il tuo nome e sai dove devi essere, la procedura che devi eseguire e la lista degli attrezzi che ti serve. In un certo senso, è rilassante“.
Un’esperienza che ha letteralmente conquistato gli italiani, facendo diventare Astrosamantha un esempio per tantissimi ragazzi e ragazze, oltre che una celebrità pop. Un ruolo in cui è stata catapultata un po’ a sorpresa, che riserva grandi opportunità (come quella di essere un’ispirazione per gli altri) ma anche qualche momento di imbarazzo (“C’è quello che ti corre dietro per avere il selfie perché ti ha visto in televisione, ma non sa nemmeno chi sei”).
Dopo l’esperienza alla Stazione spaziale internazionale, per un paio d’anni Cristoforetti ha guidato un’iniziativa a Colonia focalizzata sullo sviluppo di tecnologie per le missioni sulla superficie lunare, che ha coinvolto 700 studenti di master o neolaureati. Recentemente, le è stato chiesto di entrare nel team Esa che lavora al Lunar orbital platform-gateway, una stazione spaziale che sarà costruita nel prossimo decennio e sarà in orbita non più intorno alla Terra ma intorno alla Luna.
Sono possibili altre forme di vita oltre la nostra? Ha chiesto uno studente a @AstroSamantha a #QuanteStorie @RaiTre
Ecco la sua risposta: pic.twitter.com/2tU8Jqj0pK
— Quante Storie (@QuanteStorieRai) 15 novembre 2018
“Stare lassù per tanto tempo mi ha dato un rapporto molto stretto con la Terra intera. Giri intorno alla Terra una volta ogni 90 minuti, a un certo punto è come se tutta la Terra diventasse il tuo giardino di casa, impari a riconoscere i luoghi con lo sguardo, a volte addirittura col colore della luce, senza nemmeno guardare fuori”, racconta Cristoforetti.
“La Terra da fuori sembra un’astronave: nell’immenso universo ostile abbiamo questo pezzo di roccia a cui siamo tutti quanti aggrappati e in qualche modo dobbiamo riuscire a vivere insieme come un equipaggio. Forse la mia generazione ha un po’ perso il treno su questo, ma credo che la grande sfida che dobbiamo affrontare nella formazione dei giovani e delle giovani sia proprio quella di puntare sulla capacità di collaborazione e comunicazione interculturale. Altrimenti non ne usciamo: ci illudiamo di poter risolvere qualche problemino nell’orticello di casa nostra, magari ci riusciamo anche per un po’ di tempo, ma nel lungo termine non risolviamo niente su questo Pianeta. Non sto dicendo che sia facile, per questo dobbiamo puntare sulla formazione interculturale dei ragazzi, perché devono avere gli strumenti per affrontare i problemi in questa maniera”.
Samantha Cristoforetti era tra gli ospiti di punta della nona edizione del WeWorld Festival, che si è tenuta dal 23 al 25 novembre all’UniCredit Pavilion di Milano, in piazza Gae Aulenti. Una tre giorni di talk, dibattiti, film, mostre e performance teatrali, che coincide (non a caso) con il weekend della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. A promuovere il Festival infatti è WeWorld Onlus, impegnata da vent’anni nella difesa di donne e minori in Italia e nel mondo.
Fra i volti noti che hanno preso parte alla manifestazione ci sono anche il regista Marco Tullio Giordana, che nel film Nome di donna racconta la storia di una madre che si ribella agli abusi di potere; il Terzo Segreto di Satira, collettivo di videomaker ora impegnato in una miniserie dedicata alla cooperazione internazionale; l’avvocata e scrittrice Simonetta Agnello Hornby.
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