Cambiamenti climatici, una studentessa porta la Nuova Zelanda in tribunale

Sarah Thomson, giovane studentessa della Nuova Zelanda, porta il governo davanti alla Corte suprema: “Non fa abbastanza contro il riscaldamento globale”.

“Voglio che il mio governo si impegni davvero per il futuro dei giovani neozelandesi, perché saranno loro a dover affrontare le conseguenze del riscaldamento globale”, è per questo che Sarah Thomson, 26enne studentessa di legge, ha deciso di portare in tribunale il governo della Nuova Zelanda per costringerlo ad adottare misure più stringenti contro i cambiamenti climatici.

Per Sarah Thomson ci vuole più audacia

Il caso, che si apre il 28 giugno alla Corte suprema di Wellington, ha suscitato attenzione e curiosità ben oltre i confini nazionali. In aula, l’esecutivo dovrà difendersi dall’accusa di “aver preso impegni inadeguati per contrastare il riscaldamento terrestre”.

Con l’Accordo di Parigi sul clima, la Nuova Zelanda si è impegnata a raggiungere, entro il 2030, un taglio delle emissioni pari al 30 per cento rispetto ai livelli del 2005. Per la studentessa questo obiettivo, e le modalità individuate per raggiungerlo, sono “illogici, irrazionali e irragionevoli”.


L’avvocato di Thomson, Davey Salmon, ha sostenuto che il governo neozelandese sta cercando scuse per ritardare l’azione. “Nessuno vuole essere il primo nudista in spiaggia”, ha detto, “ci mescoliamo tra la folla, ma nessuno fa il primo, coraggioso passo”. Invece di dare il buon esempio, il governo di Wellington “sta aggravando, con la sua inazione, i ritardi commessi da altri per mancanza di audacia”.

Il legale ha affermato inoltre che il governo “sbaglia nel suo approccio all’accordo sul clima di Parigi, trattando i due gradi di riscaldamento come obiettivo da raggiungere piuttosto che come limite assoluto”.

Raggi di sole attraversano le nuvole dando vita ad un tramonto spettacolare, Wanaka © Tommaso Lizzi
Raggi di sole attraversano le nuvole illuminando campi e pascoli Wanaka © Tommaso Lizzi / LifeGate

Da soli non si va lontano, è necessario uno sforzo globale

Peter Gunn, che difende il caso per conto del governo, ha dichiarato che l’azione legale “è irrealistica”. Gunn ha ricordato che la Nuova Zelanda è un produttore agricolo molto efficiente, nella cui economia l’allevamento del bestiame ricopre un ruolo di primo piano.

“Eliminare il bestiame è un passo potenziale verso la riduzione delle emissioni – ha spiegato – ma avrebbe conseguenze immediate sulla produzione di carne. E poiché la domanda di cibo là fuori è ancora alta, si trasferirebbe questo carico a un produttore meno efficiente, con un conseguente impatto negativo sui livelli di emissioni”.

Gunn ha affermato che non ci sono correzioni rapide e che il governo ha bisogno di garantire che la sua azione sul cambiamento climatico sia sostenibile. “Se la Nuova Zelanda ridurrà le emissioni a zero, non ci saranno cambiamenti notevoli negli impatti del cambiamento climatico a livello mondiale. Dobbiamo affidarci agli sforzi degli altri e della comunità globale per realizzare un’azione adeguata. Il punto è che la Nuova Zelanda non può farlo da sola”.

Olanda clima tribunale
Striscioni degli attivisti olandesi di Urgenda contro i cambiamenti climatici © Chantal-Bekker / Getty Images

I precedenti in aula

L’azione legale di Sarah Thomson è ispirata ad altri casi analoghi, incluso quello che, nel 2015, ha visto una corte olandese ordinare al governo dei Paesi Bassi di ridurre le emissioni di CO2.

La prima udienza che si è tenuta presso la sede della Corte Suprema di Wellington è stata accolta da decine di manifestanti con bandiere e striscioni a sostegno della studentessa.

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