
Con la decisione di proteggere 400mila ettari del Grand Canyon dalle compagnie minerarie, il presidente degli Stati Uniti inizia un’opera di rammendo di una politica ambientale finora contraddittoria.
La compagnia petrolifera annuncia l’abbandono delle perforazioni in Alaska. Una vittoria degli ambientalisti.
L’ha annunciato oggi la Royal Dutch Shell. La compagnia cesserà “le attività di perforazione in mare aperto in Alaska per il prossimo futuro”. La decisione ufficiale pare sia stata data dal fatto che il giacimento di Burge J well non sia sufficiente “a garantire ulteriori perforazioni”.
Entusiasta la risposta degli ambientalisti e delle associazioni come Greenpeace, che da tempo si batte per impedire che l’Artico diventi la terra delle perforazioni, alla ricerca di nuovi giacimenti di gas e petrolio. “Oggi è un gran giorno per l’Artico”, ha dichiarato Kumi Naidoo, direttore esecutivo di Greenpeace International. “Questa è un’enorme vittoria per milioni di persone che si sono opposte ai piani di Shell, e nello stesso momento è un disastro per le altre compagnie petrolifere che hanno interessi in quella regione. Shell ha scommesso pesantemente sulle trivellazioni nell’Artico e oggi ha rimediato una sonora sconfitta, sia in termini di costi che di reputazione pubblica. Quello del colosso petrolifero anglo-olandese era diventato il progetto petrolifero più controverso al mondo: ora Shell torna a casa a mani vuote”.
Una retromarcia costata alla compagnia ben 7 miliardi di dollari, secondo quanto riporta l’Associated Press. “Shell continua a vedere un potenziale importante nel bacino, e l’area continua in ultima analisi, ad essere di importanza strategica per l’Alaska e gli Stati Uniti. Tuttavia, questo è un risultato chiaramente deludente per questa parte del bacino”.
Una decisione che viene proprio a poche settimane dalla visita di Barack Obama in Alaska per parlare di cambiamenti climatici. “Se vogliamo contrastare con serietà i cambiamenti climatici, dobbiamo rivoluzionare totalmente il nostro modo di pensare. E trivellare nell’Artico non è compatibile con questo cambio di visione”, ha affermato Naidoo. “La campagna di Greenpeace per salvare l’Artico continuerà ora con maggiore passione e con più forza. Chiediamo l’istituzione di un santuario nelle acque internazionali attorno al Polo Nord, e dopo le notizie di oggi speriamo che questo nostro obiettivo sia più vicino”.
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