Il Living planet report del Wwf testimonia che la crisi della biodiversità è reale e intrecciata alla crisi climatica. Ma possiamo invertire la rotta.
Gli Stati Uniti hanno dichiarato estinte 23 specie tra animali e vegetali
23 specie, di cui 22 animali e una vegetale, sono state dichiarate estinte dallo United States Fish and wildlife service (Fws), un’agenzia del dipartimento degli Interni americano che si occupa della gestione e conservazione della fauna selvatica, della pesca e degli habitat naturali. Tra queste troviamo il picchio dal becco d’avorio, la parula di Bachman, il moho di
23 specie, di cui 22 animali e una vegetale, sono state dichiarate estinte dallo United States Fish and wildlife service (Fws), un’agenzia del dipartimento degli Interni americano che si occupa della gestione e conservazione della fauna selvatica, della pesca e degli habitat naturali. Tra queste troviamo il picchio dal becco d’avorio, la parula di Bachman, il moho di Kauai e altre otto tipologie di uccelli, due pesci, otto cozze d’acqua dolce, un pipistrello e una pianta.
L’impatto dell’uomo sulle specie a rischio
“In seguito ad analisi rigorose e a un’approfondita revisione delle informazioni scientifiche disponibili per ognuna di queste specie, l’agenzia ha determinato la loro estinzione”, si legge nel comunicato stampa rilasciato mercoledì 29 settembre dalla Fws. Gli animali in questione sono quindi stati rimossi dalla lista di specie protette tramite l’Endagered Species Act (Esa), una legge del 1973 che punta proprio a preservare le specie maggiormente a rischio.
Secondo la Fws, l’impatto dell’uomo ha avuto – e continua ad avere – un ruolo chiave nel determinare l’estinzione di specie animali e vegetali che risiedono in ecosistemi già di per sé estremamente fragili.
Lo sfruttamento eccessivo del territorio, unito all’introduzione di specie invasive e all’enorme impatto ambientale dei cambiamenti climatici, rappresentano infatti un enorme rischio per le specie locali e complicano le operazioni di conservazione per le organizzazioni impegnate sul territorio.
“Ora è il momento di mettere in pratica azioni proattive, collaborative e innovative per salvare la fauna e la flora americane”, ha dichiarato la segretaria agli Interni Deb Haaland. Che ha aggiunto: “Continueremo a impegnarci per garantire che gli stati, le tribù, i proprietari terrieri e le agenzie federali abbiamo a disposizione tutti gli strumenti necessari per conservare la biodiversità e il patrimonio naturale degli Stati Uniti”.
Il ruolo e i problemi dell’Endangered species act
Proprio per contrastare i rischi a cui l’uomo sta esponendo la natura, nel maggio del 2021 l’amministrazione Biden-Harris ha varato la campagna America the beautiful, anche nota come 30×30: una serie di iniziative locali e volontarie che puntano a conservare almeno il 30 per cento delle terre e delle acque statunitensi entro il 2030, creando allo stesso tempo nuovi posti di lavoro e migliorando l’accessibilità delle aree naturali.
Inoltre, sebbene queste 23 specie siano ormai state dichiarate estinte, dal 1973 a oggi l’Endangered species act ha permesso di proteggere il 99 per cento delle specie considerate a rischio. Cinquantaquattro di esse, una volta protette, sono state poste in salvo, mentre altre 56 sono state riclassificate passando da “in pericolo di estinzione”, cioè in una situazione critica, a “minacciate di estinzione”, quindi comunque vulnerabili ma in modo meno preoccupante.
L’effettiva efficienza dell’Esa è stata però messa in dubbio da diversi esperti. In un comunicato stampa pubblicato in seguito alla notizia relativa alle 23 specie dichiarate estinte, il Centro per la diversità biologica – un’associazione benefica americana per la protezione di flora e fauna – ha infatti affermato che “lo Us fish and wildlife service è stato eccessivamente lento” nelle sue operazioni, sottolineando come fino a oggi almeno 47 specie si sono estinte mentre aspettavano di ricevere adeguate attenzioni da parte dell’Agenzia.
“Rischiamo di perdere centinaia di specie a causa della mancanza di una reale urgenza nei loro confronti” ha affermato Tierra Curry, ricercatrice del Centro. “L’Endangered Species Act è lo strumento principale che abbiamo a disposizione per combattere l’estinzione, ma la realtà è che molte specie vengono inserite troppo tardi nella lista. La Fws deve riformare le proprie procedure, e ha bisogno di fondi per farlo. Non possiamo lasciare che i ritardi burocratici causino la perdita di altre specie”, ha concluso Curry. I prossimi anni saranno fondamentali per invertire la rotta.
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