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Una banca dei semi che aveva sede ad Aleppo, in Siria, ha chiesto indietro 130 campioni per cercare di ripartire con il suo lavoro dopo aver trasferito la sua sede.
“Il deposito verrà usato con molta probabilità prima di quanto si possa pensare”, senza che si verifichi una catastrofe globale. Lo aveva detto nel febbraio del 2012 Cary Fowler, ex direttore esecutivo del Global crop diversity trust, la fondazione che gestisce lo Svalbard global seed vault, il deposito sotterraneo norvegese di sementi più importante al mondo, creato nel 2008 per custodire la più grande varietà possibile di campioni provenienti da ogni parte della Terra, e preservare la biodiversità agricola.
Il 23 settembre la fondazione ha reso noto sul suo sito che l’International center for agricultural reserach in dry areas (Icarda), una banca delle sementi che aveva sede nella città siriana di Aleppo, ha fatto la prima richiesta di prelievo di alcuni semi che aveva depositato in precedenza alle Svalbard per cercare di ripartire nella raccolta in seguito al trasferimento forzato della sede nella capitale del Libano, Beirut, lontano dagli orrori della guerra civile in corso in Siria dal 2011. Una guerra fratricida che in quattro anni ha causato 250mila morti e costretto più di undici milioni di persone ad abbandonare le loro case.
Icarda ha chiesto la restituzione di 130 dei 325 campioni depositati che contenevano un totale di 116mila semi. Tra questi alcune specie di grano e orzo che crescono anche in zone aride. “Proteggere la biodiversità globale in questo modo è precisamente lo scopo dello Svalbard global seed vault” ha dichiarato Brian Lainoff, portavoce del Crop trust.
https://youtu.be/BYK11SJzgJk
Il deposito si trova sull’isola di Spitsbergenin, nell’arcipelago artico delle Svalbard, a circa mille chilometri a nord della Norvegia. La struttura può ospitare fino a 4,5 milioni varietà ed è gestita insieme al governo di Oslo. Oggi ci sono oltre 864mila i campioni custoditi a una temperatura di -18 gradi centigradi giunti da quasi ogni stato del pianeta. Se anche la corrente dovesse di colpo mancare per qualsiasi motivo, il deposito manterrebbe la sua temperatura per i prossimi duecento anni.
Nessuno, si spera, vorrebbe mai trovarsi nella condizione di mettere il deposito a questa prova, ma sapere che ci sono persone che stanno usando tempo, fondi e soprattutto ingegno per far fronte alle mancanze di altre che usano le stesse risorse per distruggere, fa tirare un sospiro di sollievo.
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