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Oltre mille pini sono stati sradicati dalla tromba d’aria abbattutasi sull’area protetta. La responsabilità non sarebbe solo del clima, ma anche della gestione insufficiente della riserva.
La crisi climatica sta avanzando ad un ritmo estremamente veloce, troppo veloce perché le foreste, ecosistemi dall’esistenza lunga e dilatata, che rispondono ai cambiamenti abbastanza lentamente, possano adattarsi. Le nostre foreste sono sempre più vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici, sia sulle Alpi, come testimoniato dalla terribile tempesta Vaia, che circa un anno fa ha raso al suolo oltre 42mila ettari di bosco nel Nordest italiano, che nel bacino del Mediterraneo. Lo scorso fine settimana, durante l’ondata di maltempo che ha colpito la Toscana, un violento fenomeno temporalesco, caratterizzato da forti raffiche di vento, si è abbattuto sulla riserva naturale Duna Feniglia, causando lo schianto di circa mille pini domestici (Pinus pinea).
Il maltempo che recentemente si è abbattuto nel sud della Toscana ha gravemente danneggiato la riserva naturale statale “Duna Feniglia”. Centinaia gli alberi abbattuti, ma i #Carabinieri forestali, che curano il sito, sono già all’opera per continuare a tutelarne la biodiversità. pic.twitter.com/RSxj9dkAKS
— Arma dei Carabinieri (@_Carabinieri_) 19 ноември 2019 г.
Istituita nel 1971, l’area naturale protetta, situata nel comune di Orbetello (Gr), è costituita da un lungo lembo di sabbia (tecnicamente un tombolo) che collega il promontorio dell’Argentario alla costa. L’area protetta si estende per circa 6 chilometri e occupa una superficie totale di 474 ettari. La quasi totalità dell’area, circa 420 ettari, è coperta da una pineta. Proprio la pineta, anche se una porzione limitata di essa, ha riportato i danni più gravi a causa del maltempo. La notte tra il 16 e il 17 novembre una tromba d’aria, secondo quanto riferito dai carabinieri forestali, ha infatti colpito circa 8 ettari di pineta, sradicando oltre mille alberi.
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Non sembrano esserci testimonianze passate di analoghi fenomeni climatici di tale intensità nella zona. D’altronde i cambiamenti climatici, che ancora oggi sembrano inspiegabilmente non trovare spazio nell’agenda politica italiana, fanno proprio questo: esacerbano gli eventi meteorologici rendendoli sempre più estremi, aumentando la frequenza e la potenza di eventi che un tempo erano più rari. Oltre ai gravi danni inferti alla vegetazione, la tempesta, secondo i carabinieri forestali, potrebbe aver colpito duramente anche la fauna che popola la riserva, in particolare gli uccelli migratori provenienti dal nord Europa che in questo periodo vi fanno tappa.
Molte foreste italiane sono state gestite da lunghissimo tempo, la loro struttura è stata spesso semplificata e hanno pertanto una ridotta resilienza. Le vaste pinete che siamo abituati a concepire come naturali e ad associare al tipico paesaggio mediterraneo, sono nella maggior parte dei casi frutto di rimboschimenti artificiali, magari a discapito dei boschi planiziali di latifoglie. In Italia le pinete di pino domestico sono state coltivate soprattutto per la produzione di pinoli e di legno. Anche la pineta della Feniglia non è una foresta naturale, ma, ha spiegato in un comunicato la Società italiana di selvicoltura ed ecologia forestale (Sisef), “è un rimboschimento effettuato a partire dal 1911. Gli alberi erano stati piantati molto vicini gli uni agli altri, prevedendo che la pineta dovesse essere successivamente sfoltita per aumentare la sua stabilità e la sua resistenza ai venti”.
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Questi tipi di foreste non naturali richiedono infatti una precisa gestione che prevede il trattamento a taglio raso con rinnovazione artificiale. La gestione dell’area, secondo la Sisef, non sarebbe però avvenuta in maniera corretta. “L’instabilità della pineta della Duna Feniglia è il risultato non solo di pessime condizioni meteorologiche, aggravate dal cambiamento climatico, ma anche dell’insufficiente gestione della pineta negli anni passati – si legge nel comunicato -. Per anni le prescrizioni dei piani di gestione elaborati dai dottori forestali vennero disattese o effettuate in maniera incompleta. L’ultimo piano (2004-2015), messo a punto dai professori Orazio Lamarca e Pasquale Marziliano, sottolineava l’urgente necessità dei diradamenti”. Tali diradamenti sarebbero stati in effetti eseguiti in tempi molto recenti, tuttavia questa gestione a “spot” si è comunque rivelata inefficace, e il ritardo dell’operazione ha reso i diradamenti quasi inutili.
La Sisef ritiene dunque che, se si fossero osservate per tempo le misure pianificate per aumentare la resistenza al vento della pineta, i danni alla vegetazione sarebbero stati probabilmente più limitati. “Nella Duna di Feniglia non è mancata la pianificazione: quella che è mancata è stata l’attuazione della gran parte delle operazioni di gestione previste dai piani”.
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