Un tribunale egiziano condanna a morte 529 Fratelli musulmani

529 persone riconducibili al movimento dei Fratelli musulmani o sostenitrici dell’ex presidente egiziano Mohamed Morsi sono state condannate a morte lunedì 24 marzo da un tribunale di Minya, una città che si trova a sud del Cairo.   L’accusa è di aver assaltato e incendiato una stazione di polizia il 14 agosto del 2013, di

529 persone riconducibili al movimento dei Fratelli musulmani o sostenitrici dell’ex presidente egiziano Mohamed Morsi sono state condannate a morte lunedì 24 marzo da un tribunale di Minya, una città che si trova a sud del Cairo.

 

L’accusa è di aver assaltato e incendiato una stazione di polizia il 14 agosto del 2013, di aver danneggiato proprietà statali, di aver rubato armi da fuoco e aver causato la morte di un poliziotto.

 

Pur essendo uno dei più grossi processi della storia egiziana, è stato portato a termine in soli tre giorni. Dei 1.200 imputati solo 16 sono stati assolti anche perché gli avvocati della difesa non hanno avuto il tempo materiale di presentare le proprie motivazioni.

 

I Fratelli musulmani, principale partito islamista d’Egitto, è stato preso di mira con centinaia di arresti dal governo ad interim guidato da una giunta militare dopo la deposizione di Morsi avvenuta il 3 luglio 2013 in seguito a un colpo di stato.

 

Molti giuristi sostengono che la sentenza senza precedenti debba essere annullata dalla corte d’appello, a cui i condannati possono ricorrere, perché secondo quanto dichiarato all’Associated Press da Mohamed Zarie, un giurista che si occupa di diritti umani, “il sistema giudiziario è stato usato come strumento per un regolamento di conti e ottenere vendetta”.

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