
Le tensioni in Venezuela si continuano a intensificare dopo il licenziamento della procuratrice generale Luisa Ortega e l’attacco dei ribelli a una base militare. Gli eventi principali della crisi che Maduro non riesce a gestire.
Dall’inizio di febbraio i venezuelani protestano contro il presidente Maduro e il suo governo. Ma l’opposizione non sembra in grado di guidare il malcontento.
Il Venezuela sta vivendo giorni di tensione. Studenti universitari e lavoratori hanno partecipato a diverse manifestazioni di protesta contro il governo e il presidente Nicolás Maduro, al potere da aprile 2013 in seguito alla scomparsa per malattia di Hugo Chávez avvenuta il 5 marzo.
Le manifestazioni per chiedere le dimissioni di Maduro stanno avendo luogo principalmente a Caracas, capitale del paese, anche se sono cominciate nello stato di Táchira, al confine con la Colombia. Nell’ultima settimana sarebbero morte cinque persone. Altre tre erano rimaste uccise negli scontri del 12 febbraio. Il ministro dell’Interno Miguel Rodríguez Torres ha annunciato venerdì 21 febbraio l’invio di tremila soldati e paracadutisti e aerei da guerra in quella che è stata definita una missione di pacificazione in Táchira, per porre fine alla minaccia golpista.
Que sepa el Imperio brutal e insolente que los seguiremos derrotando con la fuerza de nuestro pueblo,que es la Fuerza de Bolívar y Chávez.
— Nicolás Maduro (@NicolasMaduro) 22 Febbraio 2014
Dietro le proteste ci sono richieste concrete per migliorare la vita quotidiana. Condizioni di povertà che coinvolgono gran parte della popolazione e che sono frutto di una crisi economica grave che interessa il paese da diversi anni. Ad esempio è sempre più difficile reperire prodotti di prima necessità come il latte o la carta igienica (diventato il simbolo estremo della crisi e delle proteste) e il dover far fronte a blackout frequenti. Per non parlare dell’inflazione, che ha superato il 50 per cento, e dell’alto tasso di criminalità.
Il Venezuela è uno dei più grandi esportatori di petrolio al mondo, ma questa ricchezza non è stata distribuita in modo equo. L’opposizione però non sembra unita nel cogliere il malcontento per rivolgerlo contro il governo. Henrique Capriles, il candidato della Mesa de la unidad democrática che ha tentato di sconfiggere prima Chávez (2012) e poi Maduro (2013), non sostiene le proteste affermando che non è con la violenza e con i morti che si può governare.
Il vuoto di leadership era stato colmato da Leopoldo López, ex sindaco di Chacao del partito Voluntad popular, che però è stato messo fuorigioco dal presidente Maduro con un mandato d’arresto per incitamento alla violenza e danni alla proprietà pubblica. Dopo aver tenuto un discorso contro la corruzione, che lo ha trasformato in un simbolo del movimento, il 18 febbraio si è consegnato alla polizia.
Esta lucha es por los mas excluidos. Es por nosotros, por nuestros hijos. Por #LaMejorVzla #ElQueSeCansaPierde/LT
— Leopoldo López (@leopoldolopez) 21 Febbraio 2014
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