Un tranquillo weekend di paura degli Ogm a Udine

Udine è diventata la provincia più transgenica d’Italia. C’è uno sparuto gruppuscolo di contadini che insiste a voler piantare mais transgenico non autorizzato e illegale. È stato accertato nei precedenti interventi di analisi che, a causa dell’inquinamento irreversibile che essi provocano in tutte le aree agricole, chi ha introdotto sul proprio territorio la coltivazione degli

Udine è diventata la provincia più transgenica d’Italia. C’è uno sparuto gruppuscolo di contadini che insiste a voler piantare mais transgenico non autorizzato e illegale. È stato accertato nei precedenti interventi di analisi che, a causa dell’inquinamento irreversibile che essi provocano in tutte le aree agricole, chi ha introdotto sul proprio territorio la coltivazione degli OGM non riesce poi in modo efficace a produrre vegetali che ne siano privi.

 

A questo sta cercando di rimediare il Corpo forestale dello Stato che, su delega della Procura della Repubblica di Udine, ha sequestrato questo weekend i terreni nel comune di Colloredo di Monte Albano (Udine) dove era stato piantato mais MON 810 transgenico. Per tutto il weekend è durata l’opera di distruzione con mezzi meccanici di tutte le piante OGM seminate su 6.500 mq. La distruzione è proceduta a rilento e con molta attenzione perché i Forestali hanno rinvenuto numerosi chiodi metallici infissi all’interno delle piante che possono danneggiare le macchine operatrici. Sia coloro che hanno affittato i campi sia lo stesso coltivatore sono indagati, come tiene a precisare una nota stampa del Comando Nazionale del Corpo forestale dello Stato.

 

Il Corpo Forestale dello Stato sta conducendo dal 2013 importanti attività operative mirate a monitorare i campi seminati in Friuli Venezia Giulia, ad accertare le contaminazioni di polline OGM sulle colture convenzionali e ad applicare la normativa nazionale relativa al divieto di coltivazione, attraverso attività di iniziativa e su delega della Procura di Udine.

 

La Procura di Udine e il Corpo forestale stanno applicando la norma penale stabilita dal decreto legge n. 91 del 24 giugno 2014, che ha previsto nuove norme di diritto penale per chiunque violi i divieti di coltivazione (di OGM) secondo le quali rischierebbe la reclusione da sei mesi a tre anni e una multa da 10mila a 30mila euro.

 

Di recente il Consiglio europeo dei ministri ha deciso che ogni Paese dell’Unione europea potrà scegliere se coltivare o meno sul proprio territorio di Ogm, adottando le scelte che ritiene migliori per la valorizzazione e la tutela della qualità delle proprie produzione agricole, convenzionali e biologiche, molte volte di sicura eccellenza a livello mondiale. L’Italia non li vuole.

 

Il governo italiano per dare un’efficace risposta all’esigenza di salvaguardia delle proprie tipologie di agricoltura e per tutelare i cittadini ha adottato, prima, il decreto interministeriale 12 luglio 2013 dei ministri dell’Ambiente, della Salute e delle Politiche agricole alimentari e forestali che prevede per diciotto mesi il divieto di coltivazione della varietà transgenica Mon 810 e successivamente di recente ha completato il quadro normativo con l’adozione del decreto legge n. 91 del 24 giugno 2014. Con tale decreto legge per la prima volta è stata introdotta nell’ordinamento italiano una specifica fattispecie di norma penale che punisce la violazione al divieto di coltivare Ogm, prevedendo quindi il reato di coltivazione degli stessi Ogm. Ne deriva che spetta alle Regioni definire nell’ambito del proprio territorio, sulla base dei rilievi effettuati dagli organi di Polizia Giudiziaria, le modalità, i tempi e le misure che gli eventuali trasgressori devono adottare a proprie spese per rimuovere le coltivazioni vietate. “L’attuale impianto normativo – conclude la nota del Corpo Forestale dello Stato – mira a garantire la tutela della qualità delle produzioni agroalimentari nazionali, eccellenza del made in Italy, che in questo momento di forte recessione rappresentano una dei pochi settori nazionali in controtendenza e contribuiscono non solo alla stabilità sociale ed economica delle nostre campagne ma indirettamente anche all’equilibrato assetto idrogeologico dei territori”.

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