La Birmania ha votato. E Aung San Suu Kyi è in testa

A poche ora dalle elezioni in Birmania (Myanmar) che si sono tenute l’8 novembre, la commissione elettorale ha cominciato a diffondere i primi risultati preliminari. Per ora il partito d’opposizione guidato da Aung San Suu Kyi, National league for democracy (Nld), è in testa avendo conquistato 35 dei 36 seggi parlamentari nella regione di Yangon,

A poche ora dalle elezioni in Birmania (Myanmar) che si sono tenute l’8 novembre, la commissione elettorale ha cominciato a diffondere i primi risultati preliminari. Per ora il partito d’opposizione guidato da Aung San Suu Kyi, National league for democracy (Nld), è in testa avendo conquistato 35 dei 36 seggi parlamentari nella regione di Yangon, il centro economico del paese.

Dopo essere stati contati, i risultati provenienti dai centinaia di migliaia di seggi elettorali in tutto il paese vengono mandati alla commissione elettorale, che a sua volta li annuncia pubblicamente con intervalli di qualche ora. Lo spoglio durerà diversi giorni. I risultati ufficiali si sapranno il 22 novembre.

 

Il 9 novembre folle esultanti di sostenitori si sono radunate di fronte alla sede centrale del partito d’opposizione, celebrando i risultati mentre venivano annunciati. Benché nessun dato sia ancora ufficiale, Aung San Suu Kyi, conosciuta anche come la “lady“, aveva già parlato di una vittoria della Nld nella mattinata di lunedì. “È troppo presto per parlare del risultato, ma credo che ne abbiate tutti un’idea”, ha detto. “Voglio ricordare che tutti i candidati sconfitti dovranno accettare i vincitori, ma è importante non provocare coloro che non hanno vinto per non dare loro un dispiacere”, ha proseguito.

 

Un portavoce della Nld ha rilasciato una dichiarazione a Afp affermando che il partito è sulla strada per conquistare il 70 per cento dei seggi parlamentari. Con un sistema elettorale “first past the post” (ovvero il candidato che riceve il maggior numero di voti in una circoscrizione vince il seggio) e un quarto dei seggi in parlamento occupati da membri delle forze armate, il partito di Aung San Suu Kyi ha bisogno del 67 per cento per vincere la maggioranza. La lady non potrà diventare presidente a causa di una legge costituzionale che vieta chi ha parenti stranieri di candidarsi, ma ha già annunciato che se dovesse vincere il suo partito, sarebbe lei la vera fonte di potere che opererebbe da dietro le quinte.

 

Il presidente ad interim del partito al governo, il Union solidarity and development party (Usdp) ha dichiarato che il suo partito ha perso più seggi di quanti ne abbia guadagnati, e ha assicurato che il governo accetterà i risultati delle elezioni che per ora sembrano essersi svolte in maniera pacifica.

 

Il 10 novembre la missione dell’Unione europea che ha monitorato il processo elettorale ha annunciato che le elezioni si sono svolte in maniera positiva e che lo spoglio stia avvenendo in condizioni di “trasparenza”. Ha anche individuato alcune aree che potrebbero essere migliorate, ad esempio la rappresentanza femminile e musulmana tra i candidati. Da notare anche che ci sono stati reclami il giorno delle elezioni: alcuni elettori dicono di non aver potuto votare perché non erano stati iscritti alla lista elettorale. A molti altri ancora è stato vietato di votare, inclusi i centinaia di migliaia di Rohingya, una minoranza musulmana fortemente discriminata, che vivono in Birmana e i cittadini appartenenti ad alcune etnie residenti in zone dove si stanno tuttora svolgendo conflitti interni.

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