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Per salvare i rinoceronti bisogna agire sull’uomo
Hanno pensato di tagliare i corni ai rinoceronti prima dei bracconieri, hanno pensato a spostarli fisicamente da zone ad alto rischio ad altre potenzialmente più sicure. Ma l’azione che sembra funzionare meglio è quella che ha come oggetto l’uomo. In Vietnam la campagna di educazione e sensibilizzazione messa in atto dalla Convenzione sul commercio
Hanno pensato di tagliare i corni ai rinoceronti prima dei bracconieri, hanno pensato a spostarli fisicamente da zone ad alto rischio ad altre potenzialmente più sicure. Ma l’azione che sembra funzionare meglio è quella che ha come oggetto l’uomo.
In Vietnam la campagna di educazione e sensibilizzazione messa in atto dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (Cites), seguita dall’istituto di sondaggi Nielsen per conto della Human society international (Hsi), ha fatto registrare a un calo della domanda dei corni nel giro di un anno.
Meno vietnamiti credono nelle proprietà magiche
La campagna è stata portata avanti nelle scuole, nelle università e nelle aziende e ha fatto sì che la percentuale di persone che ancora comprano il corno sia calata del 38 per cento, arrivando al 2,6 per cento nel giro di un anno.
Altrettanto positivo è il dato che si riferisce alle persone che credono che il corno abbia proprietà mediche o comunque effetti positivi di vario tipo sul corpo umano. In questo caso, la riduzione è stata del 25 per cento, arrivando al 38 per cento di vietnamiti che ancora ci credono.
Dati che dimostrano come sia importante agire sull’uomo, sulle credenze popolari molto più che sui rinoceronti su cui ormai si è tentato di tutto. Un cambio di prospettiva che fa capire che è l’uomo il problema e non l’animale.
Un mercato in continua crescita
In Sudafrica sono stati uccisi 1.004 rinoceronti nel 2013 (cifra mai raggiunta prima) contro i 13 del 2007. Quest’anno si è già superata la soglia degli 820 esemplari uccisi proprio a causa di un aumento del valore dei corni sul mercato nero. Oggi un chilogrammo può valere anche 100mila dollari. Una quotazione che non ha nulla da invidiare a quella dell’oro o, per rimanere nell’illegalità, della cocaina.
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