L’amministrazione Usa ha sospeso le domande per l’immigrazione delle persone provenienti da 19 paesi. Nel frattempo vanno avanti le retate nelle città.
Il miliardario americano ha spiegato che, in caso di elezione, approverà “certamente” il devastante super-oleodotto tra Canada e Usa.
“Il Keystone XL? Lo approverò certamente, a condizione che ci diano la nostra parte della torta”. Sorride, Donald Trump, mentre esce allo scoperto su un altro tema caldo delle presidenziali Usa del 2016, ovvero il gigantesco oleodotto che dovrebbe trasportare il “petrolio più sporco del mondo” (secondo la definizione di Greenpeace), quello delle sabbie bituminose, dalla provincia canadese dell’Alberta fino al Texas. Un progetto che è stato osteggiato con forza, invece, dall’attuale presidente americano Barack Obama.
Il magnate statunitense ha espresso il proprio punto di vista sul progetto parlando dalla città di Bismark, nel Nord Dakota: “Lo voglio vedere costruito. E voglio che una parte dei benefici vada agli Stati Uniti. È così che renderemo di nuovo ricca l’America”, ha dichiarato.
Proprio ieri Trump ha rivendicato di aver raggiunto la quota di delegati necessaria per ottenere l’investitura automatica da parte del partito repubblicano. Un’informazione confermata dal conteggio tenuto dall’agenza Associated Press: l’imprenditore potrebbe davvero diventare il prossimo presidente degli Usa. E una sua eventuale elezione nel prossimo novembre potrebbe rivelarsi una catastrofe per l’ambientalismo mondiale.
La posizione del miliardario sull’ecologia, infatti, è semplice: “Non credo ai cambiamenti climatici, è solo una questione meteorologica”, ha dichiarato alcuni mesi fa. Mentre quattro giorni dopo il disastro di Fukushima spiegò di essere “un grande sostenitore dell’energia nucleare”. Più di recente, poi, ha affermato di non essere “un grande fun” dell’Accordo di Parigi.
Sortite che a quanto pare hanno suscitato notevole imbarazzo e preoccupazione nella comunità internazionale. Mentre i paesi firmatari dell’intesa raggiunta al termine della Cop 21 di Parigi sono riuniti a Bonn, in Germania, nel tentativo di rendere operative le promesse avanzate nella capitale francese, al presidente del Gruppo dei paesi africani, Seyni Nafo è stata posta la seguente domanda: “Qual è a suo avviso il principale ostacolo che potrebbe incontrare l’Accordo?”. Sincera e disarmante la risposta: “Che Trump vinca le presidenziali!”.
Si potrebbe infatti verificare nuovamente la stessa situazione dell’epoca di George W. Bush, che si rifiutò nel 2001 di ratificare il protocollo di Kyoto (facilitando così anche il “no” di Canada, Giappone e Russia). Secondo le diplomazie internazionali, tuttavia, stavolta anche un’America guidata da Trump non potrebbe bloccare totalmente il processo: “Potrebbe però ritardarlo”, osserva ancora Nafo. Anche smantellando le politiche pro-ambiente faticosamente approvate dall’amministrazione Obama negli ultimi anni.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
![]()
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
L’amministrazione Usa ha sospeso le domande per l’immigrazione delle persone provenienti da 19 paesi. Nel frattempo vanno avanti le retate nelle città.
Un rapporto indica che la capitale dell’Indonesia Giacarta accoglie ormai 42 milioni di persone: più di Dacca, seconda, e di Tokyo.
Dopo la prima bozza di piano profondamente sbilanciata a favore della Russia, ora c’è una nuova bozza di accordo che piace all’Ucraina.
La sentenza è arrivata sul caso di due cittadini polacchi sposati in Germania. La Polonia si era rifiutata di riconoscere il loro matrimonio.
Nella notte è uscita una nuova bozza che fa crollare le speranze. 30 paesi scrivono alla presidenza che è inaccettabile.
Il piano di pace per l’Ucraina ricorda molto quello per la Striscia di Gaza. Kiev dovrebbe cedere diversi suoi territori alla Russia e ridimensionare l’esercito.
La risoluzione dell’Onu su Gaza prevede l’invio di truppe internazionali e il disarmo di Hamas. Ma la strada è subito in salita.
Un rapporto della ong israeliana PHRI denuncia la strage di palestinesi nelle strutture detentive israeliane. I morti ufficiali sono 98 ma si contano centinaia di dispersi.
La procura di Istanbul ha formulato le accuse nei confronti dell’ex sindaco Ekrem Imamoglu. I capi d’accusa per l’oppositore di Erdoğan sono 142 per oltre 2.500 anni di carcere.

