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All’epoca della Guerra fredda i sovietici avevano il triplo dei sommergibili statunitensi e varavano fino a 20 unità nucleari l’anno. Sotto i mari ce n’erano più di 900, ma solo di dieci paesi. Oggi, i dati sui sottomarini smentiscono ogni previsione.
Pochi anni fa si pensava che l’era dei sommergibili fosse finita, insieme con la Guerra fredda. Invece, sembra che oggi ci siano segnali di riarmo un po’ ovunque.
All’epoca di Krusciov e Eisenhower i sottomarini da guerra erano 900, concentrati però nelle flotte di non più di 10 Paesi, tra cui innanzitutto gli Stati Uniti ma soprattutto l’Unione Sovietica, con una flotta grande tre volte tanto dei nemici a stelle e strisce. E con una produzione pari fino a 20 unità nucleari l’anno.
Oggi, all’inizio del 2016, sono ancora almeno 500 i sottomarini presenti nelle acque di tutto il mondo, armati da ben 46 Paesi differenti. E, invece che diminuire, stanno aumentando.
Gli Stati con comandi specializzati su queste unità sono sempre Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Corea del Sud. Ma ne arriveranno di nuovi nei mari del Nord, nel Golfo Persico e nel Sud Est asiatico. Aree non proprio tranquille.
Tuttavia, nota l’Avvenire, il Cremlino è tutt’altro che immobile: il governo russo infatti ha appena creato a Sevmash un polo nazionale per la realizzazione di sommergibili nucleari, e sono recenti gli interventi sulla flotta del Pacifico, dell’Artico, del Baltico e del Mar Nero. Inoltre, ha appena terminato una missione esplorativa di 60 giorni nei fondali artici, l’area russa deputata ai missili balistici lanciabili dai sommergibili.
Forse proprio in forza dei continui sconfinamenti della Russia, la Svezia sta riesumando il programma strategico A26, con nuovi sommergibili pronti a partire dal 2020, dotati addirittura di mini-sommergibili posteriori e droni subacquei. Anche i polacchi ne acquisteranno tre, dunque potrebbe formarsi un asse d’acquisto Svezia-Norvegia-Polonia. Il parlamento inglese sta per votare il rinnovamento della flotta di sottomarini atomici, invece che la sua dismissione: il segretario della Difesa Michael Fallon parlando dalla base nucleare Faslane della Royal Navy, sede del sistema missilistico Trident, ha detto che il mondo “è più pericoloso e imprevedibile” ora che durante la Guerra fredda.
Nel Mediterraneo hanno commissionato nuovi sottomarini o sono in procinto di farlo Algeria, Egitto, Marocco, e c’è la nave russa antisommergibile Kulakov di stanza a Tartus, lì dall’inizio della crisi in Siria. Anche nella Legge Navale italiana i sommergibili sembra che siano un perno della nuova strategia del governo. Se la vicina Turchia islamista diverrà una media potenza anche sotto la superficie del mare, Israele lo è già: dovrebbe già esserci nel mare arabico un sommergibile in missione permanente per sorvegliare l’Iran, nemico giurato, e in caso di escalation ne spedirà via Suez un altro.
Anche gli iraniani stanno sviluppando una flotta sommergibile optando però su vascelli più piccoli. Nel Sud-Est asiatico, tra l’Oceano indiano e il Pacifico, da qui al 2025 le flotte sottomarine triplicheranno e ci saranno non meno di 170 unità operative. Le spese militari stanno esplodendo: dal 2000 l’import di armi è aumentato dell’84% in Indonesia, del 146% a Singapore e del 722% in Malesia, che ha appena inaugurato una base di sottomarini nel Borneo. Perfino il povero Vietnam ha acquistato dalla Russia cinquanta missili Klub, a quanto pare per motivi legati a possibili dispute sulla base di Sanya, sull’isola di Hainan, roccaforte dei sommergibili strategici cinesi. L’Australia sta procedendo in una commessa da 20 miliardi di dollari per 12 sottomarini oceanici.
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