La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
Si è conclusa il 2 novembre la Cop16 sulla biodiversità, in Colombia. Nonostante le speranze, non arrivano grandi risultati. Ancora una volta.
Le regioni hanno avuto l’ultima parola sulla misura che prevedeva di legalizzare l’abbattimento del lupo e che avrebbe rappresentato un passo indietro nella protezione di questa specie. E hanno detto no.
La misura numero 22 del cosiddetto “Piano per la conservazione del lupo” prevede la possibilità di “prelevare”, ovvero uccidere i lupi. Sembra assurdo, ma purtroppo è proprio così. Sarebbe un passo indietro di decenni, dopo che l’Italia ha tutelato questa specie a rischio di estinzione per ben 46 anni, meritando anche riconoscimenti internazionali. Questo ottimo risultato, infatti, ha anche contribuito all’incremento del turismo naturalistico nel nostro Paese, in particolare nei parchi naturali, negli agriturismi e nei borghi. La tutela del lupo, dell’orso e di altre specie a rischio di estinzione è stata di beneficio all’Italia.
Come ha giustamente osservato il Wwf, il piano prevede la possibilità da parte delle regioni di applicare la deroga alla tutela della specie, attuando abbattimenti legali. Un’azione non solo inutile ma dannosa perché non risolve, ma può persino peggiorare, il problema dei danni alla zootecnia con il rischio di legittimare il diffuso bracconaggio sulla specie. Al contrario, gli studi dimostrano che le tecniche di prevenzione dei danni, come recinzioni elettrificate e cani da guardia rappresentino la soluzione più efficace.
In pratica, dietro questa misura numero 22 si intravede la parte più oltranzista del mondo della caccia (e magari anche dei produttori di armi) che approfitta delle difficoltà di alcuni allevatori per poter sparare a un animale simbolo dell’azione di tutela della biodiversità. Non dimentichiamo, peraltro, che già tanti lupi vengono uccisi da bracconieri e a causa di incidenti accidentali. Una cifra, forse, già superiore alla percentuale di abbattimenti che si vorrebbe autorizzare.
La rivolta dell’opinione pubblica italiana ed europea dimostra la gravità di questa proposta. Ricordo quando, da ministro dell’Ambiente, guidai la protesta contro gli abbattimenti di lupi decisi da alcuni cantoni conservatori in Svizzera. Tanti cittadini di quel Paese ci scrissero scusandosi per l’arretratezza di quella scelta e si mobilitarono con noi. Lo stesso accadde quando il governo bavarese uccise l’orso bruno. L’Italia diede una lezione di “civiltà” nella gestione delle specie protette. Mi addolora invece vedere che oggi il mio Paese non è in grado di valutare la gravità di questa decisione.
Oggi le regioni hanno chiesto uno stralcio della norma “ammazza lupi”, è un primo risultato, ma la mobilitazione nei prossimi giorni dovrà continuare.
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