
Grazie a immagini dettagliate della Nasa, si possono studiare le capacità di catturare biossido di carbonio di singoli alberi nelle terre aride africane.
Le Alpi stanno diventando più verdi a causa del riscaldamento globale. Dal 1984, le aree con vegetazione sono aumentate del 77 per cento.
L’impatto del riscaldamento globale sulle Alpi è visibile dallo spazio, da dove si vedono montagne bianche come la neve lasciare sempre più spazio a piante verdi: a sostenerlo è uno studio composto da dati satellitari ad alta risoluzione pubblicato su Science.
Secondo l’analisi, le aree verdi sulle Alpi sono aumentate del 77 per cento dal 1984 a oggi. Mentre i ghiacciai in ritirata hanno simboleggiato la velocità del riscaldamento globale nella regione alpina, i ricercatori hanno descritto l’aumento della biomassa vegetale come un cambiamento molto significativo.
L’aumento delle temperature e delle precipitazioni in alta quota stanno prolungando la stagione di crescita delle piante, che colonizzano nuove aree a danno del manto nevoso, sempre più sottile. “La portata di questo cambiamento è enorme sulle Alpi”, ha spiegato al Guardian la professoressa Sabine Rumpf dell’università di Basilea, autrice del documento.
Le zone di montagna, d’altra parte, si stanno riscaldando a una velocità doppia rispetto alla media globale. Se è vero che l’inverdimento delle Alpi può aumentare il sequestro del CO2 in atmosfera, è probabile che questa capacità sia controbilanciata da implicazioni negative, tra cui la fusione del permafrost e la perdita di habitat per la biodiversità montana.
Secondo Rumpf, infatti, più piante ad alta quota potrebbero minacciare molte delle specie vegetali alpine autoctone, quelle che si adattano bene a condizioni difficili ma che non sono competitive: quando le condizioni diventano favorevoli alla crescita, queste vengono soppiantate da piante più vigorose e più comuni provenienti da altitudini inferiori.
Inoltre, meno neve in vetta significa meno superficie che riflette la luce del sole. “Montagne più verdi riflettono meno e quindi provocano un ulteriore riscaldamento atmosferico e, a sua volta, a un ulteriore restringimento del manto nevoso riflettente”, ha detto Rumpf a proposito dell’effetto albedo.
L’effetto albedo è un sistema di “feedback positivo” per il clima, in cui un cambiamento nell’area dei ghiacciai e delle nevi altera la temperatura delle superfici. Il riscaldamento provoca a sua volta anche un’ulteriore fusione dei ghiacciai e del permafrost, che può portare a frane, crolli e smottamenti.
“Le precedenti analisi dei dati satellitari non avevano identificato alcuna tendenza del genere. Ciò può essere dovuto al fatto che la risoluzione delle immagini satellitari era insufficiente o perché i periodi considerati erano troppo brevi”, ha spiegato Antoine Guisan, professore dell’università di Losanna, che ha partecipato allo studio. Una cosa è certa: la neve sulle Alpi sta diminuendo pericolosamente e servono strategie di adattamento prima che sia troppo tardi per contenere l’impatto che ne deriverà.
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