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Ex bambini di strada guidano i turisti nella vita nascosta della capitale. Sono 11 milioni i bambini che in India vivono sui marciapiedi.
Grazie all’analisi del Dna dell’uomo preistorico chiamato Cheddar man, gli scienziati sono riusciti a ricostruire il suo volto.
Con buona pace dei puristi della razza, le razze umane non esistono, né tantomeno la purezza. Ogni essere umano condivide infatti circa il 99,9 per cento del proprio patrimonio genetico con qualsiasi altro individuo. L’ennesima conferma di quanto sia patetico, ridicolo e biologicamente errato, basare qualsivoglia giudizio sulla colorazione più o meno chiara dell’epidermide arriva dall’Inghilterra. Sembra infatti che i primi britannici avessero la pelle scura, è quanto emerso dall’analisi del materiale genetico del cosiddetto “Uomo di Cheddar”.
Centoquindici anni fa nella grotta di Gough, scavata nella gola di Cheddar, nel Somerset, in Inghilterra, furono trovati i resti di un essere umano. Lo scheletro risultò essere il più antico fossile umano trovato in Gran Bretagna, risalente a 10mila anni fa e fu battezzato Uomo di Cheddar.
Questo britannico preistorico aveva la pelle scura, folti capelli ricci e gli occhi azzurri. Il suo aspetto è stato ricostruito da un gruppo di scienziati del museo di Storia naturale di Londra e del dipartimento di Genetica, evoluzione e ambiente dello University college London.
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La ricostruzione del volto dell’Uomo di Cheddar è stata possibile grazie al sequenziamento del materiale genetico ricavato dal fossile. I ricercatori, specializzati in evoluzione e studio del Dna, hanno lavorato con modellisti e paleo artisti per offrire una ricostruzione fedele dell’aspetto dell’uomo a cui apparteneva lo scheletro. “L’Uomo di Cheddar è uno dei più antichi campioni umani con cui abbiamo mai lavorato, eppure lo stato di conservazione del Dna è stato sufficiente per recuperare enormi quantità di informazioni sul suo aspetto e sulle sue origini”, ha spiegato il professor Ian Barnes del museo di Storia naturale, coordinatore della ricerca.
In particolare gli scienziati hanno analizzato le informazioni genetiche presenti nella polvere di ossa ottenuta effettuando un minuscolo foro sul cranio, ricavandone dati sull’aspetto e lo stile di vita dell’uomo con una precisione senza precedenti. Grazie ai dati ottenuti e al lavoro dei due paleo artisti Alfons e Adrie Kennis, che hanno utilizzato uno scanner per raccogliere i dati tridimensionali dal cranio, è stato possibile ricostruire il volto dell’antico essere umano. “Con le informazioni ricavate dal Dna siamo riusciti a fare qualcosa di rivoluzionario, definendo non solo la forma, ma anche il colore della pelle – ha affermato Alfons Kennis – cosa che prima non avevamo possibilità di conoscere”.
Chris Tringer, responsabile delle ricerche sulle origini dell’uomo del museo di Storia naturale di Londra, studia l’Uomo di Cheddar da oltre quaranta anni. “Riuscire ad andare oltre a quello che ci dicono le ossa e ottenere una visione scientificamente fondata del suo aspetto è un risultato notevole e dall’esito abbastanza sorprendente”. Si riteneva infatti che il proprietario dello scheletro avesse la carnagione bianca e i capelli biondi. La scoperta mostra invece che la comparsa della carnagione più chiara si sarebbe diffusa tra le popolazioni europee in tempi molto più recenti di quanto si pensasse originariamente.
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