L’Antartide occidentale ha perso tremila miliardi di tonnellate di ghiaccio in 25 anni

Il mare di Amundsen, in Antartide occidentale, ha perso 3mila miliardi di tonnellate di ghiaccio in 25 anni, a causa di lunghissimi periodi di siccità nevosa.

  • Il mare di Amundsen, in Antartide, ha perso 3mila miliardi di tonnellate di ghiaccio.
  • Negli ultimi 25 anni si sono verificati lunghi periodi senza nevicate, alternati a eventi estremi.
  • L’effetto è stato un aumento del livello degli oceani di quasi un centimetro.

Il mare di Amundsen, la regione dell’Antartide in più rapida evoluzione, grande quattro volte il Regno Unito, negli ultimi 25 anni ha perso più di 3mila miliardi di tonnellate di ghiaccio. È l’allarme lanciato da una ricerca condotta dal dottor Benjamin Davison dell’Università di Leeds, che ricorda come i venti grandi ghiacciai che formano l’Amundsen sea embayment, un enorme bacino nell’Antartide occidentale, svolgono un ruolo chiave nel contribuire al livello degli oceani di tutto il mondo.  Al punto che, se tutti i ghiacciai che lo compongono dovessero sciogliersi, il livello globale del mare potrebbe aumentare mediamente di oltre un metro sul tutto il pianeta.

L’Antartide occidentale perde 3mila miliardi di tonnellate di ghiaccio

La ricerca di Davison calcola il “mass balance”, il bilancio materiale tra l’aumento della massa di ghiaccio causato dalle nevicate e la perdita di quella causata dal distacco degli iceberg che si spostano verso il mare: nell’ultimo quarto di secolo la quantità di ghiaccio staccatosi è stata nettamente superiore a quello accumulata, e questo ha determinato la perdita di 3mila miliardi di tonnellate di ghiaccio. Che corrisponde a un innalzamento del livello dei mari di quasi un centimetro. I fattori più importanti che hanno determinato la perdita di ghiaccio, secondo la ricerca, sono i cambiamenti delle temperature medie e quelli delle correnti oceaniche.

Il dottor Davison, ricercatore presso l’Institute for climate and atmospheric science di Leeds, ha spiegato che non vi è alcun segno che il processo sia sul punto di invertirsi presto, anche se ci sono stati periodi in cui il tasso di perdita di massa è diminuito leggermente. “Gli scienziati stanno monitorando ciò che sta accadendo nell’Amundsen sea embayment a causa del ruolo cruciale che svolge nell’innalzamento del livello del mare. Se il livello degli oceani dovesse aumentare in modo significativo negli anni futuri, ci sono comunità in tutto il mondo che subirebbero inondazioni estreme”.

Eventi estremi e siccità da neve

La ricerca, pubblicata su Nature Communications, mostre come il mare di Amundsen negli ultimi 25 anni è stato teatro di numerosi eventi di nevicate estreme, alternati a periodi anche molto lunghi di “siccità da neve”: un po’ come ci stiamo abituando alle nostre latitudini, sempre più colpite negli ultimi anni da prolungata mancanza di pioggia e poi improvvisi eventi precipitosi estremi.

Ad esempio, tra il 2009 e il 2013, i modelli utilizzati hanno rivelato un periodo di persistente siccità nevosa: la mancanza di nevicate ha fatto perdere ghiaccio alla calotta polare, contribuendo quindi a un innalzamento del livello del mare del 35 per cento rispetto agli anni di nevicate medie.
Al contrario, durante gli inverni del 2019 e del 2020 si sono verificate abbondanti nevicate, e questo ha mitigato il contributo del livello del mare di Amundsen, riducendolo a circa la metà di quello che sarebbe stato in un anno medio.

Secondo il dottor Davison dunque i cambiamenti nella temperatura e nella circolazione degli oceani sembrano guidare i cambiamenti a lungo termine e su larga scala nella massa della calotta glaciale dell’Antartide occidentale. Ma i cambiamenti dei livelli delle acque sono notevoli anche nel breve periodo: “Siamo rimasti davvero sorpresi nel vedere quanti periodi di nevicate estremamente basse o alte potrebbero influenzare la calotta glaciale in periodi da due a cinque anni”.

Un nuovo ghiacciaio nato dal Pine Island in ritirata

In questi 25 anni nella regione è nato un nuovo ghiacciaio, ribattezzato dagli scienziati Piglet glacier, ma questa non è necessariamente una buona notizia, anzi: il Piglet infatti non è che una costola del Pine Island, che nel frattempo si è quasi completamente ritirato. Dal Pine si è staccato un pezzo di ghiacciaio, il Piglet per l’appunto, che ha aumentato la propria massa in maniera abbastanza rapida, ma di fatto è come un figlio destinato a rimanere orfano in breve tempo.

Un’immagine satellitare della banchisa alla foce del ghiacciaio Pine Island in Antartide. © Planet Observer via Getty Images

La vera scoperta di questa nuova ricerca dell’Università di Leeds è comunque il forte impatto delle nevicate sui cambiamenti di massa della calotta glaciale e, spiega la dottoressa Anna Hogg, coautrice dello studio e professore associato presso l’Institute of climate and atmospheric science di Leeds, “sulla velocità con cui questa importante regione dell’Antartide sta contribuendo all’innalzamento del livello del mare. Le osservazioni satellitari hanno mostrato che il nuovo ghiacciaio Piglet ha accelerato la sua velocità nella formazione di ghiaccio del 40 per cento, mentre il ghiacciao più grande si è ritirato nella sua estensione più piccola da quando sono iniziate le registrazioni”.

Satelliti come il satellite Copernicus Sentinel-1, che utilizza sensori che “vedono” attraverso le nuvole anche durante la lunga notte polare, hanno trasformato la nostra capacità di monitorare regioni remote, concludono gli autori: per questo è essenziale disporre di misurazioni frequenti del cambiamento della velocità del ghiaccio e del distacco degli iceberg, in modo da poter monitorare il cambiamento incredibilmente rapido che sta avvenendo in Antartide.

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